Web scatenato: basta un sì anche per pensionare D’Alema
“Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”. Lucio Battisti ad uso e consumo di Massimo D’Alema. E’ questo forse il commento più gentile dei duemila lasciati da lunedì sulla pagina Facebook di Repubblica. Canzonatorio, irridente, provocatorio ma forse uno dei più sopportabili per l’ex lider Maximo che ha attraversato negli ultimi cinquant’anni la storia della sinistra italiana (dalla Fgci al Pci al Pd) e che non ha nessuna voglia di ritirarsi a vita privata. Anzi.
Anzi, proprio per quella che sembra una insana voglia di rivalsa nei confronti di Matteo Renzi che appena arrivato alla segretaria del Pd (e poi a Palazzo Chigi) l’ha rottamato, da un paio di giorni è a capo (anche se informalmente perché la presidenza sarà affidata all’avvocato Guido Calvi) di un movimento che sfocerà nella costituzione di un comitato nazionale del “No” per opporsi alla riforma costituzionale del governo Renzi. Riforma che si offrirà al referendum popolare a fine novembre o a dicembre.
In un piccolo e affollato cinema della Capitale D’Alema ha illustrato le ragioni del “No” ed ha soprattutto espresso, con la solita sicumera, parole di fuoco contro quello che da tempo ha inquadrato come il suo più acerrimo nemico, e cioè il giovane Matteo.
Fine della vicenda? Neanche per sogno. Perché appena l’articolo di Andrea Carugati è finito su Facebook il popolo del web si è scatenato. Una lotta senza fine che ancora continua fra chi mette un “mi piace “ e via e chi articola il suo pensiero in commenti vari. Per gli appassionati dei numeri posso dire che al momento in cui scrivo siamo a 2.800 “mi piace” contro 2.000 commenti. Perché dico “contro”? Perché il 99 per cento di quei commenti sono proprio “contro”, commenti di una virulenza incredibile nei confronti di D’Alema.
Saranno i bravoni di Internet a stabilire se valgono di più i 2800 like che comportano pochi secondi di impegno o i 2000 interventi di chi decide di mettersi a scrivere e articolare un ragionamento.
A me la vicenda interessa perché devo dire onestamente di non aver mai assistito, neppure ai tempi di Berlusconi e dei suoi governi, ad un simile linciaggio di un personaggio politico. Mi hanno stupito la virulenza, l’acredine, il furore, la rabbia, il livore, il quasi odio scagliati contro quello che, tanto tempo fa, è stato segretario del partito, ministro e, anche se per pochi mesi, presidente del consiglio. Contro quello che dovrebbe rappresentare ancora una bandiera della sinistra.
Macché. Su D’Alema sono piovuti insulti, parolacce, inviti a togliersi di torno una volta per tutte. Invettive anche imbarazzanti.
C’è una spiegazione per tutto questo? Leggendo centinaia di commenti (confesso, non li ho letti tutti) uno si fa un’idea. Che questa è una resa dei conti tutta interna alla sinistra (Pci, Pds, Ds, Pd) e che l’accusato numero uno per i disastri subiti dal partito negli ultimi anni (fino all’avvento di Renzi) è proprio D’Alema. Messo sul banco degli imputati da un’infinità di ex fan per (scrivono) non aver saputo, quando aveva il potere, tenere a bada Berlusconi, per essersi fatto mettere in mezzo dal Cavaliere, per essersi perso in troppe crostate e troppe bicamerali, per aver remato contro il governo Prodi, per aver contrastato la segreteria di Veltroni, per aver sempre tentato di bloccare ogni rinnovamento che si presentava all’orizzonte.
Una moltitudine di questi supercritici che danno sfogo su Facebook a tanti anni di malumori dà l’impressione di essere una sorta di innamorati traditi. Traditi da un personaggio in cui avevano riposto tanta fiducia e tante speranze e che poi li ha sempre delusi.
Un po’ deluso l’altro giorno al cinema romano dove ha presentato la sua iniziativa lo era anche D’Alema non avendo visto in platea né Bersani né Cuperlo, i leader della sinistra interna del Pd. Si devono decidere a prendere posizione avrebbe detto D’Alema.
Altri del Pd invece si sono già decisi e anche questo non dovrebbe aver fatto tanto piacere a D’Alema. Pensate un po’ che forse proprio per non avere niente più a che vedere con lui e con i suoi progetti di sfascio, hanno deciso di dar vita, sempre all’interno del partito, ad un raggruppamento denominato “Sinistra per il Sì”, al quale hanno aderito molti esponenti di primo piano. Vogliono distinguersi da Renzi ma voteranno sì al referendum.
Riuscirà a salvarsi il soldato D’Alema che anche in questa occasione, per non farsi mancare niente, ha indossato l’elmetto per scagliarsi contro qualcuno del suo stesso partito? Chi lo sa. Io so solo che basterà un Sì per cambiare l’Italia. E so anche che da quel cambiamento sarebbe messo da parte in via definitiva anche l’ex lider Maximo. Al quale in molti su Facebook rivolgono ringraziamenti tipo: eravamo incerti se votare sì o votare no. Ora ci siamo chiariti le idee: se D’Alema voterà no noi voteremo convintamente sì. E Renzi sentitamente ringrazia.