Referendum: restituiamo al governatore della Toscana Rossi il suo Sì
Cari amici del Sì, vorrei proporvi una modifica. Ieri ho scritto che Renzi, pur sconfitto, può ripartire da un consenso enorme: 13.432.208 persone hanno votato per lui e per le riforme proposte al referendum di domenica.
Oggi, se siete d’accordo, da quel numero vorrei togliere un’unità: il Sì espresso al referendum dal governatore della Toscana Enrico Rossi. Il quale, a poche ore dalla sconfitta del premier e del segretario nazionale del suo partito (cioè il Pd) in un post, in cui mescola confusamente il “patriottismo costituzionale” (che avrebbe convinto molti a votare no) e l’incapacità di Renzi di intercettare il malessere dei ceti medi e dei giovani (che, anche in questo caso avrebbe convinto molti a votare no) esordisce dicendo che “Il tempo e le sfide richiedono un Pd diverso e una leadership diversa”.
Il Pd diverso, come ci ha già fatto sapere in un suo recente (e sconosciuto ai più) libro intitolato “Rivoluzione socialista”, dovrebbe contenere molta più sinistra. La leadership diversa dovrebbe essere ovviamente la sua, visto che ha già annunciato da tempo che al prossimo congresso vuole sfidare Renzi per la segreteria del partito.
In un’intervista radiofonica poi, oltre a ribadire la sua sfida per la guida del partito, ha anche mandato un avvertimento ai “renziani”: “Sento dire che il 40% o poco più è il punto da cui partire. Voglio avvertire che in quel Sì c’è anche il voto mio e di mio padre, che di sicuro non siamo renziani, semmai siamo Rossi. Quindi su questo consiglierei cautela”.
Ora, cari amici, la domanda è questa: che ce ne facciamo del Sì (e non mi voglio intromettere parlando di quello del padre) di un governatore come Enrico Rossi che, il giorno dopo la sconfitta del segretario del suo partito, si precipita come un rapace a rilasciare queste dichiarazioni? E allora, glielo possiamo restituire quel voto? Io direi di sì.