L'Italia sulla luna

Ma il M5S non è chiamato a votare sul nuovo accordo Grillo – Farage?

Certo, una risata li seguirà per un po’, ma almeno per il momento la vicenda potrebbe sembrare pronta per l’archivio. Beppe Grillo dopo il disastroso tentativo, nell’ambito dell’Europarlamento, di portare il M5S nel gruppo dei liberali (europeisti convinti) che gli hanno fatto trovare un portone sbarrato, è stato costretto a tornare a bussare al gruppo che aveva deciso di abbandonare: quello dove milita Nigel Farage, leader degli euroscettici e (per chi se ne fosse dimenticato) grande protagonista della battaglia che ha portato la Gran Bretagna fuori dall’Europa.

Dopo un lungo colloquio Farage ha accettato le scuse di Grillo e ha deciso di riaccettare il M5S, anche se i grillini dovranno pagare un duro pedaggio con la rinuncia a varie posizioni di privilegio nel gruppo. Affari loro.

La base dei pentastellati, piuttosto innervosita dalla figuraccia rimediata dal movimento in ambito europeo, col passare delle ore certamente si placherà, come si placheranno quelli della dirigenza che non avevano apprezzato fino in fondo la svolta che Grillo e Casaleggio jr, volevano imporre. Una svolta è bene ricordare che è stata sì sottoposta giorni fa a voto via internet, ma che era già stata concordata all’inizio del mese dal vertice dei 5S con il leader dei liberali (poi stoppato dai suoi).

E’ pronta per l’archivio, dunque, la disastrosa performance del comico genovese (performance che La7 da tempo molto sensibile alla vicende grilline ha benevolmente definito per un paio di giorni “passo falso”)? Forse.

Forse. Perché, secondo molti, c’è da capire cosa pensino di tutto questo bailamme quei 40.654 iscritti certificati (secondo quanto comunicato da Grillo) che per due giorni si sono dedicati, tutti cuore e mouse, alla cosiddetta democrazia diretta, votando sulla decisione di Grillo di portare i grillini tra i liberali.

Ebbene, di quei quarantamila e rotti 31.914 iscritti (sempre secondo le cifre fornite da Grillo) si erano detti d’accordo sul fatto di lasciare Farage per passare tra i liberali (pari, dice Grillo, uomo preciso, al 78,5% dei votanti), 6.444 volevano restare nel gruppo di Farage, e 2.296 erano per non iscriversi a nessun gruppo (anche se così facendo avrebbero perso 700.000 euro di rimborsi elettorali).

Allora, se la democrazia grillina è davvero diretta, c’è da chiedersi cosa pensino ora del nuovo accordo Grillo – Farage quei 31.914 elettori che si erano detti pronti a lasciare il gruppo dall’antieuropeista. Sono stati chiamati alla cabina telematica, si sono espressi, hanno votato in una certa maniera e ora i loro voti, a quanto sembra,  sono stati buttati al macero elettronico. No, tutto questo non è davvero bello in un movimento dove uno conta uno e ogni decisione deve essere sottoposta (così si dice) all’approvazione del cittadino.

Nella votazione di pochi giorni fa la stragrande maggioranza dei grillini votanti si è espressa contro la permanenza del movimento nel gruppo di Farage. Due giorni dopo la votazione ora quella stragrande maggioranza si ritrova di nuovo con Farage.

Sofismi, dirà qualcuno. Macché sofismi, cose sostanziali. Perché con quella votazione è stato certificato che la maggioranza dei grillini (votanti) non vuol stare con Farage. Ed è stato altrettanto certificato, col nuovo accordo, che quella maggioranza non conta niente.

E allora? Allora, se la democrazia diretta non è solo uno slogan, se Grillo e Casaleggio jr. vogliono tenere fede al loro ruolo di illuminati leader, se Grillo non vuole essere solo un comico ma anche un politico, allora dicevo il nuovo patto Grillo – Farage (con tutto il ridimensionamento che il M5S ha dovuto subire per rientrare nel gruppo che voleva abbandonare) deve essere sottoposto nuovamente a votazione. A meno che tutti i grillini votanti e non votanti non intendano essere presi per fondelli da chi fa e disfa senza preventive consultazioni.

Questa è la democrazia diretta, bellezza. 

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