Niccolò e gli altri: è arrivato il momento della tolleranza zero
Sarà impossibile, penso, cancellare dalla mente e dagli occhi il pianto disperato davanti alle telecamere del padre di Niccolò, il giovane fiorentino massacrato da tre ceceni in una discoteca vicino a Barcellona. E’ successo a Barcellona, sarebbe potuto accadere in una qualsiasi discoteca italiana, come del resto è già avvenuto. Una spinta, una reazione. Volano i cazzotti, volano le pedate, anche quando il ragazzo è già a terra immobile. Ammazzato da tre bestie dice il padre fra le lacrime. Immagini che non si potranno scordare. Troppo alcol, troppo altro, troppa violenza. Niccolò è a terra, gli altri che sono in discoteca, guardano, filmano, riprendono, non intervengono. Un ragazzo muore nell’indifferenza.
Una giovane e brava collega (Serena Valecchi de “La Nazione”) ha parlato di “desertificazione dei sentimenti”. Ed è certamente così, in giro c’è sempre meno amore, meno affetto, meno comprensione, meno solidarietà, meno amicizia, meno senso di responsabilità, meno rispetto. Ed è invece cresciuto in maniera esponenziale il tasso di violenza.
“Desertificazione dei sentimenti”, certo, ma forse anche desertificazione del senso (paura, rispetto, educazione) legato alla legalità.
Questi giorni di agosto sono stati veramente terribili. Vado a memoria. In Puglia quei quattro morti di mafia: un boss, il suo luogotenente che guidava la macchina, due contadini che hanno avuto solo la sventura di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, tutti falciati da un commando per strada.
A Milano quel Suv da svariate migliaia di euro guidato da un peruviano, dal lavoro oscuro, che ubriaco e distratto dal cellulare, ha ammazzato un giovane avvocato fermo al rosso di un semaforo dentro la sua piccola auto d’epoca. Poche ore fa un albanese, anche lui in preda ai fumi dell’alcol, ha centrato sempre un Puglia un’altra automobile che ha preso fuoco ed ha causato la morte di tre persone rimaste imprigionate nell’auto in fiamme.
In quasi tutte le regioni italiane piromani in azione, chi per malattia (prendiamoli e curiamoli) chi per interesse (prendiamoli e mettiamoli in galera).
Un femminicidio ogni tre o quattro giorni segna il nostro vivere quotidiano.
Si viene così a sapere che i morti di mafia in Puglia vanno annoverati in una faida che va avanti da vari anni e che avrebbe causato trecento vittime. E che solo in pochi casi gli autori degli omicidi sono stati per così dire assicurati alla giustizia.
Si viene a sapere che al peruviano era stata già anni fa ritirata la patente per avere guidato in stato di ebbrezza, ma che poi, chissà come, l’aveva riavuta. Si viene a sapere che i piromani (malati o per interesse) rischiano detenzioni da tot anni a tot anni, ma che intanto sono ancora in giro o ai domiciliari.
Si viene a sapere che due dei tre ceceni che hanno massacrato Niccolò (o non hanno fatto niente per trattenere dalla furia il terzo del gruppo) sono già liberi. Nell’episodio dei tre morti carbonizzati, è stato arrestato per omicidio stradale l’albanese che guidava l’auto che ha provocato la tragedia.
Si viene a sapere che lo Stato, nella zona pugliese della faida mafiosa, invierà ben 192 uomini delle forze dell’ordine. Non l’esercito come sarebbe auspicabile ma solo 192 unità che potranno fare ben poco.
Si viene a sapere che per il peruviano è già stata chiesta la detenzione ai domiciliari, ma che per ora (per quanto?) non è stata accolta.
Si viene a sapere che i tre ceceni, esperti di arti marziali, sono gli stessi che hanno richiesto di essere accolti come rifugiati nella vicina Francia. Viene anche ribadito che nelle discoteche gira indisturbato troppo di tutto quello che può ridurre il cervello in poltiglia.
Si viene a sapere che a Napoli, nel rione Sanità, cuore della città, è in corso una guerra tra clan della camorra e che uno dei passatempi favoriti dai giovani camorristi (come raccontato anche da Roberto Saviano) è quello delle “stese”, spari all’impazzata in una strada o in una piazza ad altezza d’uomo, in modo che tutti per non essere colpiti si stendano per terra. Così tanto per far vedere chi comanda, tanto per terrorizzare chi non ha intenzione di pagare il pizzo. Ma c’è chi sostiene che Napoli sta rinascendo e che a Napoli si vive tanto bene.
E’ questa l’Italia, l’Europa che vogliamo? Se non si comincia a pensare alla tolleranza zero, se non si ricomincia ad educare al rispetto delle regole e degli altri i ragazzi fin da bambini, se non la smettiamo col finto buonismo e col complice permissivismo non credo che le cose possano andare a finire bene. Se uno legge o conosce un po’ di storia sa già cosa potrebbe accadere fra qualche tempo.
Penso tutto questo mentre prendo un po’ d’ombra sotto l’ombrellone. E davanti mi sfilano in continuazione venditori di ogni età, razza, provenienza, estrazione sociale, istruzione, educazione. Mi sfilano davanti occhi con tutta la loro mercanzia che va dai finti Rolex (“ma imitati veramente bene” mi ha detto uno) ai calzini, alle scope per la casa. Sono quasi tutti clandestini, sono tutti certamente consapevoli commessi di quell’immensa industria della falsificazione portata avanti dalle mafie di ogni tipo.
Clandestini che non dovrebbero essere sul nostro territorio (sennò aboliamo il reato) con merce che dovrebbe essere tutta sequestrata (se non si sequestra, anche in questo caso aboliamo il reato).
E’ così che vogliamo vivere? La desertificazione dei sentimenti, ma anche dello Stato di diritto.
Buon Ferragosto? Direi proprio di no.