Le “supercazzole”? Non sono certo quelle di Renzi
Il premier Renzi non ha certo bisogno delle mie difese, devo dire però che ascoltare ieri sera illustri commentatori definire “supercazzola” il suo lungo intervento davanti ai gruppi parlamentari dei democratici, mi ha veramente disturbato.
Renzi era lì davanti a deputati e senatori a tentare di disinnescare il malcontento espresso da vari senatori a proposito, guarda caso, della riforma del Senato, destinato a scomparire così com’è. E per affrontare i malumori dei dissidenti (pochi per fortuna) guidati da Vannino Chiti e Corradino Mineo (che, anche se non fanno danni sostanziali al cammino del governo, danno una brutta immagine del Pd spaccato) Renzi ha scelto non la strada della baruffa chiozzotta, fatta di commi, articoli, risvolti di statuto, lealtà di appartenenza, eccetera, ma quella di un discorso alto e onnicomprensivo.
Un discorso partito appunto dalla responsabilità avuta dagli elettori che alle ultime elezioni di maggio hanno consegnato al Pd il 40,8% dei consensi. Un risultato mai ottenuto dai democratici (ma che a Chiti ed altri, abituati alle sconfitte avrà certo fatto dispiacere) e dovuto essenzialmente alla figura dell’uomo nuovo della politica e delle speranze che milioni di elettori hanno riposto in lui.
Renzi, nei suoi quaranta minuti di intervento ha parlato un po’ di tutto: di quello che è stato, di ciò che è stato fatto ma soprattutto di ciò che sarà fatto nei prossimi mille giorni.
Soprattutto ha sottolineato il concetto di quanti milioni di speranze rappresenti oggi il Pd. Oggi l’Italia si affida al Pd per uscire dalla crisi, per contare in Europa, per dare un futuro meno cupo a figli e nipoti. Senza scendere nei particolari delle miserie che agitano la minoranza del Pd. Miserie (anche ideologiche) di cui gli italiani oggi non hanno nessuna voglia di sentir parlare. Tanto che alla fine Chiti, Mineo ed altri oppositori si sono ben guardati dal prendere la parola. Evitando così di fare un figura che sarebbe sembrata pietosa.
Ebbene, davanti a questo scontro psicologico tra un leader che deve dare un’idea di unità del partito e portare a casa un risultato e una risicata minoranza che vuol mettere in tutte le maniere i bastoni tra le ruote non si sa per quale oscure disegno, illustri commentatori non hanno trovato di meglio che definire “supercazzola” il discorso di Renzi, arrivando perfino a disquisire se lo scappellamento era a destra o a sinistra.
Ora, come sanno i milioni di cultori di “Amici miei” e di “Amici miei atto II”, geniali film del grandissimo Mario Monicelli, “supercazzola” sta a definire un discorso senza senso, infarcito di parole che nulla hanno a che vedere l’una con l’altra, con chiari riferimenti anche sessuali: discorso che deve servire a frastornare chi ti sta davanti e che tu vuoi fregare (cfr. il conte Mascetti e il vigile urbano che vuole fare la multa in “Amici miei” 1975).
Ora, a parte il fatto che Renzi ieri sera ha fatto un discorso chiarissimo senza voler imbrogliare nessuno, si può attribuire una “supercazzola” ad un premier che ha avuto il 41 per cento dei voti e che, col suo arrivo, ha portato lo scompiglio in tutte le formazioni politiche italiane? Si può considerare così poco un personaggio che in poco più di un anno si è imposto all’attenzione della politica mondiale?
Certo le vergogne politiche italiane sono sotto gli occhi di tutti (e chissà quante “supecazzole” ci hanno rifilato negli ultimi venti anni Berlusconi, Tremonti e compagnia bella) ma se si vuol tentare di ripartire, se si vuol aiutare chi vuol portare l’Italia fuori dalla palude in cui si è ritrovata in tutti questi anni, se si vuol tentare di cambiare verso, bisognerebbe tutti crederci un po’ di più. Senza fare troppo gli spiritosi, perché in Italia in questo momento c’è davvero poco da ridere.