Occhio ai sondaggisti e ai “sondaggiati”. E soprattutto ai gufi.
Devo confessare che i sondaggi mi hanno sempre intrigato, anche se sono assolutamente convinto che siano come il famoso elisir di lunga vita: l’importante è crederci, poi si vedrà se sono capaci di soddisfare promesse e attese.
Insomma penso che i sondaggi non siano mai attendibili fino in fondo. Non per colpa dei sondaggisti che cercano di svolgere al meglio il loro lavoro ma per colpa dei “sondaggiati” che spesso si comportano come banderuole: sparano una risposta, poi ne sparano un’altra, poi ci ripensano, poi vanno in cabina elettorale e si comportano come più gli aggrada. Ribaltando i risultati di tutti i sondaggi a cui hanno fino a quel momento attivamente partecipato.
Piccole considerazioni davanti ai risultati di un sondaggio pubblicato pochi giorni fa da “Repubblica”, sondaggio in cui si faceva il punto sulla fiducia nei leader politici della nostra Italietta e sulle intenzioni di voto degli elettori. I risultati sono stati messi a confronto con quelli di un analogo sondaggio fatto nel giugno scorso.
Ebbene dall’indagine in questione emerge che la fiducia nel premier Renzi è praticamente in caduta libera. Il risultato, messo bene in evidenza nei titoli del quotidiano (e sottolineato anche dal maestro Scalfari nel suo editoriale di ieri) racconta questo: la fiducia degli italiani in Renzi nel giugno scorso era 74, ora, settembre, si attesta a 60. Insomma, nel giro di tre mesi il premier, secondo il sondaggio, avrebbe perso 14 punti percentuali.
Però lo stesso sondaggio rileva che le intenzioni di voto per il Pd (partito che oggi ha quasi esclusivamente la faccia di Matteo Renzi) ha sì perso 4,1 punti percentuali rispetto al giugno scorso (dal 45,2 al 41,1) ma dice anche che quel 41,1 a cui si attesterebbe oggi è superiore al risultato delle elezioni europee svoltesi nel maggio scorso (40,8) . Come dire che diminuisce di parecchio la fiducia nel premier Renzi ma che aumentano i consensi per il Pd del segretario Renzi? Forse c’è qualcosa che non è proprio chiaro.
Ma un altro aspetto clamoroso che si ricava dal sondaggio in questione è che la gente (sempre rispetto al giugno scorso) ha meno fiducia in Berlusconi (meno 5 punti percentuali, dal 27 al 22) ma è pronta a votare Forza Italia, di cui Berlusconi è leader (quasi) indiscusso, in maniera più massiccia rispetto al sondaggio del giugno scorso (18,6 a fronte del 15 di giugno).
Stesso discorso per la Lega. La Lega che nelle intenzioni di voto rispetto al sondaggio del giugno scorso guadagna 2,2 punti percentuali (6,9 rispetto al 4,7) ma che deve assistere alla débacle del segretario Salvini che, in fatto di fiducia, perde né più né meno come Renzi, cioè 14 punti percentuali (da 38 a 24).
Così come è successo a Beppe Grillo: rispetto al sondaggio del giugno scorso ha perso parecchio in fiducia (dal 30 al 18, dato clamoroso) ma il movimento 5Stelle di cui è leader nelle intenzioni di voto guadagna quasi un punto percentuale (dal 19.1 al 20).
La cosa più incredibile che si desume dal sondaggio è però quella che riguarda Pierferdinando Casini, leader (per chi se ne fosse ormai dimenticato) dell’Udc.
Ebbene Casini in fatto di fiducia è a quota 17 (appena un punto in meno rispetto a Grillo, e questo fa già pensare) ma il suo partito (l’Udc appunto) nelle intenzioni di voto potrebbe praticamente sparire dal parlamento. Si ha tanta fiducia in un leader ma pochissimi sono intenzionati a votare per il partito che guida. Davvero un bel rompicapo.
Misteri dei sondaggi, dei sondaggisti, dei “sondaggiati”. E misteri di tanti gufi e rosiconi.