Io sto col comandante De Falco, simbolo di un’Italia che non scappa e non molla
C’è un milione di modi per far cambiare verso all’Italia. Ma uno che consiglio al presidente del consiglio Renzi di prendere seriamente e velocemente in esame (è negli Stati Uniti, ma Internet funziona) è quello che riguarda la vicenda del capitano di fregata della Marina Militare Gregorio De Falco, l’eroe della notte della Concordia.
Ebbene il capitano De Falco, assurto alla ribalta nazionale quella notte del 13 gennaio del 2012, quando la Concordia stava affondando davanti all’Isola del Giglio, per aver gridato al comandante della nave Schettino (che già si era messo in salvo sulla terraferma) “torni a bordo cazzo” e per aver coordinato tutti i soccorsi, dopo dieci anni di attività è stato rimosso da incarichi operativi nella capitaneria di Livorno per essere trasferito in un ufficio amministrativo.
Lui, da perfetto militare, al superiore che gli ha comunicato la notizia, ha risposto “obbedisco”, ma ha anche fatto sapere di essere profondamente amareggiato per questa decisione, di non capire il motivo del trasferimento e che penserà tristemente a quale potrà essere il suo futuro nella Marina Militare.
C’è chi parla che alla base di questo clamoroso provvedimento, di cui si stanno occupando tutti i media, ci siano, nell’ambito lavorativo, invidie, incomprensioni e accuse di sovresposizione mediatica. C’è chi dice anche che per questo il capitano De Falco, celebrato e onorato anche in parlamento per il coordinamento dei soccorsi nel corso di quella tragica notte in cui persero la vita trentadue persone, si sia reso inviso a vari superiori.
Non mi interessa un cavolo (per usare un eufemismo) per quale motivo il comandante De Falco, dopo tutto quello che ha fatto quella notte che resterà vergognosamente nella storia della marineria italiana, sia stato ridotto da rango di eroe a quello di prepensionato. E non mi interessa un cavolo (sempre per usare un eufemismo) se il comandante De Falco possa aver commesso nel comportamento di quella notte o in seguito, qualcosa di militarmente non condivisibile.
Non mi interessa tutto questo. So solo che nelle infinite ore di quella notte terribile, con una nave carica di crocieristi che si stava inabissando dopo aver sbattuto contro uno scoglio nel folle tentativo di fare un bell’inchino all’Isola e a qualcuno che osservava, vennero rappresentate davanti al mondo intero due Italie: un’Italia messa in scena più volte da Alberto Sordi in tantissimi suoi film, fatta di gente che scappa furbescamente davanti alle difficoltà (se sono state anche responsabilità penali lo stabiliranno i giudici del tribunale di Grosseto dove si celebra il processo per il naufragio) e un’Italia che si batte per risolvere i problemi, che si arrabbia, che urla, che si incazza, che non scappa, non molla, che si impegna al massimo, che fa di tutto per essere utile, per salvare il salvabile. Che fa di tutto per far riprendere coscienza di ciò che sta facendo anche a chi sta scappando.
Ecco perché io sto col comandante Gregorio De Falco. Ecco perché spero che la risoluzione della vicenda che lo riguarda possa diventare uno degli infiniti simboli dell’Italia che vuole cambiare verso.