Grillini in festa al Circo Massimo: quale altro treno perderanno?
Dei grillini che fino a domenica celebrano la loro festa al Circo Massimo di Roma si dicono un sacco di cose:
che il Movimento, così com’ è ristretto nel suo splendido (?) isolazionismo, non può che essere destinato ad un rapido appassimento
che tanti elettori (così com’è apparso chiaro anche alle recenti elezioni europee) sono pronti ad abbandonare le proposte dei 5Stelle per ritornare alla casa madre Pd
che, come diretta conseguenza di tutto ciò che è stato detto sopra, i rapporti tra i leader carismatico e mediatico Grillo e quelli del leader “pensante” Casaleggio non sono più quelli di una volta
che qualcuno stia tramando per portare il vicepresidente della Camera Di Maio agli splendori della leadership (ovviamente a spese di Grillo, non certo dell’ideologo milanese)
che ci sono numerosi dissidenti che vorrebbero imporre una drastica svolta alla rotta del movimento per riportarlo agli antichi fasti
che il sindaco di Livorno Nogarin (primo sindaco non di sinistra nella storia della città labronica) non sta offrendo il meglio di sé; che il mitico sindaco di Parma Pizzarotti (mitico per essere stato il primo grillino a conquistare una grande città e per tutti gli scontri con Grillo e Casaleggio) per le sue troppe decisioni autonome è più un problema che una risorsa.
Si dicono tante altre cose sul M5S ma sono dicerie che si montano come la panna quando un movimento o un partito appaiono in crisi di identità e di consensi.
A me invece, tutte le volte che parlo dei grillini, viene in mente, chissà perché, il film di una quindicina d’anni fa intitolato “Sliding doors”, che è tutta una vicenda basata sulle scelte e sul destino. Se Gwyneth Paltrow ce la fa a prendere una metropolitana va incontro ad una storia della sua vita, se le porte scorrevoli del treno le si chiudono davanti e lei non ce la fa a salire va incontro a tutt’altra storia.
Né più né meno quello che è successo ai trionfanti grillini del 2013, reduci da una clamorosa affermazione alle elezioni politiche.
Il 27 marzo di quell’anno, un mercoledì, i due portavoce del Movimento Crimi (Senato) e Lombardi (Camera) incontrarono in diretta streaming Pierluigi Bersani, il segretario del Pd che aveva vinto le elezioni ma non abbastanza (al Senato non aveva la maggioranza) nonché presidente del consiglio incaricato dal presidente della Repubblica Napolitano di formare un governo.
Scartato il Pdl (l’idea del patto del Nazareno era ancora di là da nascere) l’unica salvezza di Bersani per ottenere la fiducia in parlamento era rappresentata dal M5S. Ma i grillini non ci stettero, anzi fecero di più con un’arroganza vergognosa: dileggiarono e umiliarono il buon Bersani che non riuscì a formare il governo e si dimise da segretario del Pd.
Incredibile ma vero. Se avessero detto sì a Bersani, i grillini avrebbero ottenuto certamente qualche incarico governativo. Avrebbero potuto portare avanti con la forza del loro appoggio, tante riforme che gli italiani aspettavano a gloria.
E invece dissero di no, persero la corsa della metropolitana. Dopo Bersani, arrivò il governo di Enrico Letta e poi ecco irrompere sulla scena con una potenza inaudita il giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi che con la sua energia e la voglia assoluta di cambiare verso all’Italia ha definitivamente tagliato l’erba della protesta e del rinnovamento sotti i piedi degli esterrefatti grillini. Ai quali ora, per attirare l’attenzione dei media e degli italiani, non resta da fare altro che mettere in scena squallide sceneggiate in parlamento. O fare una festa al Circo Massimo di Roma.
Per tre giorni ora Grillo e soci sono a dibattere sul destino del M5S. Quale treno prenderanno, quale altro treno perderanno?