Alluvioni e bombe d’acqua. Politici, finitela col teatrino delle promesse e fate qualcosa di concreto
Genova ancora una volta rovinata dall’acqua e con un poveretto che ci ha rimesso la vita; la Maremma, a due anni di distanza dall’ultima volta, ancora sott’acqua e con due anziane sorelle in auto portate via dalla piena di un torrente, un’altra vittima per il maltempo vicino a Trieste, stato di calamità a Parma, le terme di Saturnia devastate.
E’ il bollettino di guerra che da qualche anno scandisce l’autunno italiano. Un bollettino cui fa seguito, come sempre, la solita litania di accuse e contraccuse.
I politici (su tutti Burlando e Rossi, governatori di Liguria e Toscana) che mettono sul banco degli imputati i burocrati. I burocrati che replicano alle accuse e indirizzano le responsabilità verso altri. Leader in cerca di voti che vanno a farsi vedere e a condividere: come Grillo del M5S che fa la passerella nella sua Genova e viene preso a male parole dagli angeli del fango che stanno cercando di portare un po’ d’aiuto alla città. La gente, colpita negli affetti e nelle cose, incavolata nera che se la prende con sindaci e tecnici. Un po’ d’esercito sparso qua e là a tentare di dare un’immagine di efficienza. Qualche solenne impegno preso da qualcuno, qualche esperto che ci dice che tutto è prevedibile e controllabile, qualche altro esperto che ci racconta che con queste bombe d’acqua che piovono all’improvviso dal cielo non c’è niente da fare.
Il teatrino offerto da governatori, burocrati ed esperti vari alla gente che soffre e a tutta quella che pensa che un giorno potrebbe toccare a loro, andrà avanti (a meno che non succeda qualcosa di più grave) ancora pochi giorni e poi tutto rientrerà nella norma, in un vergognoso tran tran che ci accompagnerà fino alla prossima bomba d’acqua, fino al prossimo disastro ambientale, fino alla prossima alluvione.
Già, l’alluvione. Una parola che a me mette sempre addosso una grande agitazione. Sarà perché sono stato testimone diretto di quell’alluvione che il 4 novembre del 1966 sconvolse Firenze e parecchie altre zone della Toscana.
Sarà forse per il fatto che anch’io sono stato spalatore di fango, di quel fango che aveva sommerso per quattro metri casa mia a Firenze.
Ho già raccontato tutto tante volte e non sto a riraccontare quella terribile mattina di novembre. Sarà per questo, per tutto quello che ho vissuto e sperimentato in prima persona che mi sento autorizzato a intervenire sulla questione e sarà per questo che mi sento di dire che veramente mi vengono i conati di vomito a sentire i politici che nelle ore delle tragedia, si impegnano a risolvere tutto per il futuro.
Non mi voglio dilungare, perché la rabbia rischia di crescere a dismisura. Pensate solo questo: che in quasi cinquant’anni di discorsi, di impegni, di solenni giuramenti, Firenze non è stata ancora messa in sicurezza. Se si dovessero verificare le stesse condizioni meteorologiche di quei terribili giorni del 1966, una delle città più belle del mondo, una delle città più ricche di capolavori dell’arte mondiale, potrebbe ancora una volta finire sott’acqua. Perché in quasi cinquant’anni non è stato fatto niente di decisivo.
Colpa dei politici, colpa dei burocrati, colpa del destino, colpa di alcuni vescovi che, quando si annuncia un po’ di siccità, indicono sessioni di preghiere per invocare la pioggia?
Colpa di nessuno come al solito.
Immaginatevi quindi se posso credere alle parole del governatore Rossi che sostiene che farà di tutto per mettere in sicurezza Firenze in un paio d’anni. Forse per celebrare al meglio nel 2016 (ammesso che venga rieletto alle elezioni regionali della prossima primavera) il cinquantenario dell’alluvione di Firenze.
Nell’attesa che le parole diventino fatti, sappiate che se siete a Firenze, la sera quando piove forte, prima d’andare a dormire, è sempre meglio passare a dare un’occhiata all’altezza dell’Arno.