Mattarella coi suoi tweet dà la linea su evasione fiscale e immigrazione
Una cosa potrebbe essere certa: che dopo il discorso 2.0 del presidente della Repubblica Sergio Mattarella niente sarà più come prima. O per lo meno si spera che sia così. Sì, perché il presidente, con quei suoi capitoletti sciorinati in una ventina di minuti, roba moderna alla stregua di tweet per mantenere alta l’attenzione degli ascoltatori, ha tracciato per il futuro delle indicazioni di cui nessuno, a cominciare dal presidente del consiglio Renzi, potrà disinteressarsi.
All’inizio sembrava che quello di Mattarella dovesse essere un incontro con gli italiani (il primo discorso di fine anno da quando è stato eletto) un po’ fiacco: il salotto di casa, luci soffuse, un abat – jour sullo sfondo, lui seduto su una poltroncina che non doveva essere particolarmente comoda, toni superpacati.
Un inizio freddino e d’altra parte, mi diceva un amico, cosa vorrai che dica al primo discorso di fine anno? Palleggerà un po’ a centrocampo, i valori di qua i valori di là, l’importanza della partecipazione, della politica, e via così.
Invece il presidente Mattarella con quei suoi capitoletti formato tweet e con quel suo tono pacato, ha detto più cose lui di tanti altri presidenti urlanti o picconatori messi insieme.
Ha parlato ovviamente un po’ di tutto: ma soprattutto su due questioni si è mostrato particolarmente risoluto: l’evasione fiscale e l’immigrazione. Insomma, i due argomenti che oltre a quello del lavoro, stanno particolarmente a cuore agli italiani.
“Un elemento che ostacola le prospettive di crescita è rappresentato dall’evasione fiscale”.
Questo l’inizio folgorante di Mattarella per introdurre l’argomento. “Secondo uno studio recentissimo di pochi giorni fa di Confindustria nel 2015 l’evasione fiscale e contributiva in Italia ammonta a 122 miliardi di euro, 122 miliardi! Vuol dire 7 punti e mezzo di Pil. Lo stesso studio calcola che anche soltanto dimezzando l’evasione si potrebbero creare oltre trecentomila posti di lavoro: gli evasori danneggiano la comunità nazionale e danneggiano i cittadini onesti. Le tasse e le imposte sarebbero decisamente più basse se tutti le pagassero”.
Non si è dilungato oltre. Parole di una chiarezza estrema e di una notevole pesantezza su una questione che nessun governo italiano dal dopoguerra ad oggi ha voluto affrontare in maniera decisa. Non avevo mai sentito un presidente della Repubblica esprimersi in questa maniera su una vergogna nazionale come quella dell’evasione.
Così come non avevo mai sentito un presidente della Repubblica affrontare il problema dell’immigrazione così come l’ha affrontato il cattolicissimo Mattarella.
“Il fenomeno migratorio nasce da cause mondiali e durerà a lungo. Non ci si può illudere di rimuoverlo ma si può governare. E si deve governare. Può farlo con maggiore efficacia l’Unione Europea e la stiamo sollecitando con insistenza. Occorrono regole comuni per distinguere chi fugge da guerre o persecuzioni e ha quindi diritto all’asilo, e altri migranti che vanno invece rimpatriati sempre assicurando loro un trattamento dignitoso”.
E ancora: ”Serve accoglienza, serve anche rigore. Chi è in Italia deve rispettare le leggi e la cultura del nostro Paese. Deve essere aiutato ad apprendere la nostra lingua che è un veicolo decisivo di integrazione. Larghissima parte degli immigrati rispetta le nostre leggi, lavora onestamente e con impegno, contribuisce al nostro benessere e contribuisce anche al nostro sistema previdenziale, versando alle casse dello Stato più di quanto ne riceva. Quegli immigrati che invece commettono reati devono essere fermati e puniti, come del resto avviene per gli italiani che delinquono. Quelli che sono pericolosi vanno espulsi. Le comunità straniere in Italia sono chiamate a collaborare con le istituzioni contro i predicatori di odio e contro quelli che praticano violenza”.
Parole rivoluzionarie quelle di Mattarella che vanno ben oltre la teoria dell’accoglienza senza se e senza ma predicata da tanti buonisti di turno.
Due cardini del breve discorso (in tutto è durato venti minuti) che da oggi in poi si riaffacceranno molto spesso nei discorsi dei politici di professione e della gente comune.
Il premier Renzi al termine dell’intervento televisivo è stato tra i primi a congratularsi col Presidente per i contenuti del discorso. Ora Renzi sa in quale strada si deve muovere il suo governo a proposito di evasione e immigrazione. Ma forse lo sapeva già e aspettava solo che il presidente Mattarella col suo discorso la indicasse chiaramente a tutti gli italiani.