Ma D’Alema, sì proprio lui, può dare d’arrogante a qualcun altro?
Leggo sul “Corriere della Sera” un passaggio dell’intervista che Massimo D’Alema ha rilasciato ad Aldo Cazzullo: “Il Pd è finito in mano ad un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non è passato per l’anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento così difficile. Io cosa dovrei fare? Cospargermi il capo di cenere e presentarmi al Nazareno in ginocchio a chiedere udienza a Guerini?”.
Leggo e penso: se D’Alema, ex lìder Maximo della sinistra italiana, chiedesse a Vauro (tanto per restare a sinistra) di corredargli questa frase con una bella vignetta, potrebbe concorrere al premio satira politica che ogni anno si tiene al Forte dei Marmi. E potrebbe anche rischiare di vincere qualcosa.
Sì, perché sentir parlare un maestro d’arroganza e supponenza come D’Alema dell’arroganza degli altri, non può che far sbellicare dal ridere. Vuol dire essere ancora così pieni di arroganza da non accorgersene neppure.
Massimo D’Alema, uno che forse a dieci anni (a leggere wikipedia) era già mentalmente del Pci; uno che ha attraversato la storia dell’Italia degli ultimi cinquant’anni (nel 1975 era già segretario della federazione giovanile comunista); uno che è stato e ministro e presidente del consiglio; uno che si è trasformato da Pci a Pds, da Pds a Ds, da Ds a Pd; uno che ha contribuito (facendo parte della classe dirigente) ai drammi dell’Italia degli ultimi anni; uno che ha contribuito (sempre facendo parte della classe dirigente di sinistra) alla nascita del berlusconismo; uno che ha avuto come punto di riferimento solo se stesso; uno che ha sempre tentato di stroncare chiunque potesse metterlo in un cono d’ombra (Veltroni segretario ne sa qualcosa).
Ebbene questo signore ora che potrebbe starsene tranquillo e pensare solo alla sua fondazione “ItalianiEuropei”, ai suoi vini e alla sua passione per il mare, ebbene, questo signore deve venire a raccontarci tutto il male possibile su Renzi e suo governo? Via, su non scherziamo.
Viene a raccontarci e a lamentarsi che l’attuale classe dirigente del Pd (arrogante e autoreferenziale secondo lui) non si è sentita in dovere di chiedere a lui, uno dei fondatori del Pd, un parere sull’umano scibile politico?
Viene a dirci che così continuando le cose il Pd può perdere le elezioni a venire perché Verdini e Alfano portano meno voti di quanti ne perde a sinistra? Viene a dirci che forse a sinistra del Pd potrebbe nascere un altro partito? Ma per favore, un po’ di umiltà.
Vuole essere il leader del nuovo (per ora fantomatico) partito di sinistra (ma quale potrebbe essere il ruolo più adatto a lui? Chissà se supersuperpresidente potrebbe bastare…)? Bene lo faccia. E faccia mettere nel simbolo una bella falce e un bel tordello.
Vuole ancora un po’ di visibilità? Bene se la cerchi in qualche maniera, ma non certo attaccando così brutalmente una classe dirigente del Pd che sta tentando da due anni di portare fuori l’Italia dalla palude in cui si trovava. Una palude (è sempre bene ricordare) in cui l’Italia è finita non per colpa di Renzi, della Boschi, di Orfini o di Marcucci. Ma per colpa di una vecchia classe dirigente, in cui D’Alema faceva bella mostra di sé, che non ha saputo governare bene.
Si lamenta D’Alema che i giovani dirigenti del Pd non l’hanno consultato su niente. Meno male che non l’hanno fatto. E su cosa Renzi e compagnia bella avrebbero dovuto ricevere lumi da D’Alema? Forse su come si fa un vino o forse su come si va per mare. Non certo su come si portano a casa riforme che l’Italia aspettava da anni.