Il progresso, l’integrazione, le donne: sono questi i nemici dei terroristi dell’Isis
Il dibattito (tragico) è aperto: a chi assomigliano i kamikaze dell’Isis che stanno spargendo morte e terrore in Europa e in tante altre parti del mondo? Una domanda a cui hanno tentato di dare risposte illustri maitre à penser e molti frequentatori di salotti tv.
Chi li ha paragonati ai nazisti, che li ha paragonati ai fascisti, chi addirittura ai militanti delle Brigate Rosse, chi ai kamikaze giapponesi che durante la seconda guerra mondiale coi loro caccia carichi di bombe andavano a schiantarsi contro le navi americane.
E allora, se dibattito deve essere, voglio dire anche la mia. I terroristi islamici che ormai da quindici anni (come drammatica data di partenza prendo gli attentati alle Torri Gemelle, 11 settembre 2001) assomigliano solo a loro stessi. Assomigliano solo a dei pazzi fondamentalisti il cui principale scopo è di uccidere gli “infedeli” e nello stesso tempo (morendo) volare in un paradiso disseminato (così come gliela danno ad intendere i cattivi maestri) di ogni tipo di beatitudine, comprese decine di vergini da deflorare.
Perché i kamikaze dell’Isis (e prima quelli di Al Qaeda e prima ancora i talebani) assomigliano solo a loro stessi?
Senza entrare nello specifico (suicidi, ricerca del martirio, conquista di territori, sottomissione di altri popoli, annessione di territori) io penso che l’Isis, i suoi combattenti, i suoi kamikaze, si differenzino da tutti gli altri movimenti soprattutto per una questione fondamentale.
Mentre nazismo, fascismo, rivoluzione russa, brigatismo rosso erano tutti movimenti che seppur con le violenze più atroci tendevano ad “andare avanti” nel loro cammino storico, immaginando comunque un futuro diverso dal passato, l’Isis secondo me tende invece ad andare indietro nel tempo. Ad imporre un modello di società fermo a qualche secolo fa.
Tanto è vero che quelli dell’Isis, contrariamente a tutti gli altri movimenti di cui si è parlato sopra, non hanno un nemico preciso da combattere, non hanno un nemico ben individuato da uccidere. E la loro, contrariamente a quello che tanti sono portati a pensare, non è neppure una guerra di religione. Gli “infedeli”, i nemici da abbattere per i musulmani fondamentalisti dell’Isis non sono solo quelli che praticano il cristianesimo in tutte le sue diversificazioni, il buddismo, lo shintoismo o l’animismo.
La loro è una guerra totale contro tutti quegli “infedeli” che non la pensano come loro. E sono “infedeli” anche tutti quei musulmani (come loro) che non condividono l’idea di un Islam violento.
E’ per questo che questi terroristi si fanno esplodere indistintamente in una metropolitana, su un treno, in una discoteca, si sfracellano con aerei dirottati contro le Torri Gemelle senza tenere conto se le Torri Gemelle sono affollate di altri musulmani, se altri musulmani sono stipati sui treni a Madrid o nella metropolitana di Bruxelles, in una discoteca parigina o nell’aeroporto della capitale belga. Non gliene frega nulla se altri musulmani muoiono in queste che sono vere e proprie azioni di guerra. Queste povere vittime, ai loro occhi, sono colpevoli di essersi integrate, di aver condiviso con altri di altre religioni una maniera di vivere.
Quella dell’Isis non è una guerra di religione. E’ una guerra totale contro l’Occidente (e anche contro i Paesi arabi più propensi ad aprirsi all’Occidente). E’ una guerra totale contro il progresso, contro la televisione, contro il cinema, contro i libri, contro la letteratura, contro la poesia, contro i beni archeologici, contro il confronto politico, contro l’istruzione, contro l’integrazione, contro la condivisione.
E c’è di più. Secondo me quella dell’Isis è una guerra totale contro tutto quello che può portare all’emancipazione della donna. Che per loro, terroristi dell’Isis, deve continuare ad essere velata, sottomessa, ignorante, ubbidiente, senza opinioni. E, soprattutto, che non possa in alcuna maniera mettere in discussione la superiorità del genere maschile.
E’ anche per quest’idea di donna oggetto, di donna schiava che i terroristi dell’Isis sono pronti ad incendiare il mondo. (Del resto chi può essere interessato ad approfondire l’argomento, può andare a leggersi il decalogo diffuso dall’autoproclamatosi califfo al-Baghdadi sull’uso da parte dei combattenti dell’Isis delle donne catturate in azioni di guerra e rese schiave sessuali. Un documento che fa accapponare la pelle).
Penso addirittura che i terroristi dell’Isis siano portati ad odiare perfino i familiari che si sono integrati nel mondo occidentale: madri e sorelle che si truccano e vanno a lavorare da qualche parte senza velo, padri che si trovano bene in Francia, in Belgio, in Spagna o in altre parti d’Europa e che partecipano attivamente alla vita civile e politica della nazione in cui sono stati accolti; fratelli che vanno a vedere qualche film americano e sognano New York; parenti vicini o lontani che vivono in tutto e per tutto all’occidentale. Penso proprio che li odino. Perché quelli dell’Isis vogliono riproporre una società arcaica, proprio come era nelle intenzioni dei talebani prima che venissero spazzati via.
Certo i terroristi dell’Isis faranno altri attentati, distribuiranno ancora morte e sofferenze, terranno ancora il mondo col fiato sospeso, ma non potranno mai vincere la guerra contro il progresso. Sono comunque destinati alla sconfitta.