Calato il sipario sulla stagione europea nel migliore dei modi possibili, con il successo al cardiopalma di Rory Falcao McIlroy a Dubai, vale la pena soffermarsi due secondi su quanto sta accadendo sul nostro circuito più blasonato.
La politica “players friendly” annunciata proprio a Dubai da Keith Pelley, neo CEO dell’European Tour, cela di fatto una debolezza evidente del circuito europeo nei confronti del suo maggior competitor, quel Pga Tour statunitense già meta ambita e dorata di molti dei giocatori top di casa nostra.
Calare drasticamente a cinque (più i major) il numero dei tornei necessario per essere un membro a tutti gli effetti del circuito europeo è un alzare bandiera bianca di fronte alla strapotere economico americano. La pioggia di dollari del Pga Tour richiama nei field a stelle e strisce i nostri campioni più carismatici, la cui vena europea evapora di colpo di fronte ad assegni sempre più sostanziosi e, se Pelley non avesse adottato questa politica “amichevole”, probabilmente si sarebbe potuta mettere in seria discussione la competitività dello stesso team continentale di Ryder Cup, impegnato l’anno prossimo in una sfida quanto mai complessa negli Usa.
L’aver poi puntato sul mercato orientale, se negli anni passati si è tradotto in una mossa azzeccata, nel calendario del 2016 ha significato invece una perdita netta di 9 milioni di dollari di montepremi, con la cancellazione di due dei mega-tornei conclusivi, quello dell’UBS Open di Hong Kong e quello del BMW Masters in Cina: segno evidente sia di una crisi economica in atto da qualche anno nella terra del dragone, sia dell’atteggiamento ostile nei confronti del golf palesato recentemente dal partito comunista di Pechino.
La stessa esenzione concessa a Rory che ha permesso al nordirlandese di prendere parte brillantemente agli appuntamenti conclusivi del 2015 è un segno evidente della debolezza del tour nei confronti dei propri giocatori-immagine: se un tempo i campioni europei erano costretti a giocare il proprio tour per il bene della loro carriera, ora è il tour che è costretto a pregarli di giocare per la propria sopravvivenza.
Consoliamoci da italiani con l’ennesima ottima prova a Dubai del Chicco nazionale e, soprattutto, con l’ingresso di tre forze fresche sul circuito continentale (Ravano, Bertasio e Laporta) e con la conferma di Dodo Molinari ai massimi livelli: un segnale sportivo, questo, che potrebbe essere un ottimo viatico per l’assegnazione a Roma della Ryder Cup. Incrociamo le dita e restiamo in attesa dei segnali di fumo dai piani alti dell’European Tour, i quali, se prima avevano dichiarato l’8 dicembre come ultima data per l’annuncio finale su quale paese ospiterà la manifestazione del 2022, adesso pare abbiano intenzione invece di slittare ulteriormente la decisione. Non sono tempi buoni per l’Europa: è evidente.