Firenze, 29 settembre 2013 – Adesso, per cortesia, non stracciamoci le vesti. Almeno quelle. Perchè quanto accaduto ieri sera non è una tempesta improvvisa, un crollo senza scricchiolii. Perché questa crisi non matura nelle ultime settimane di tira e molla, nella sentenza definitiva della Cassazione contro il Cavaliere, nella inevitabile decisione di Palazzo Madama di espellere il senatore Berlusconi. Neppure nel tragicomico congelamento di ogni manovra economica, con il mancato rinvio dell’aumento dell’Iva, e la conseguente rottura dei ministri Pdl, indignati, feriti, per il tradimento degli accordi.

Queste sono piccole battaglie, scaramucce di frontiera. La crisi nasce dall’impossibilità strutturale di far vivere in pace chi ogni mattina si alza, indossa mimetica ed elmetto, imbraccia il fucile e va alla guerra. Quello che fanno da vent’anni Pd e Pdl.

Ed era impossibile pensare che in Italia due nemici cresciuti nel reciproco disprezzo, potessero trasformarsi in alleati affidabili. E ancora più impossibile ipotizzare che il governo sostenuto dai due antagonisti potesse vivere e sopravvivere sotto una sorta di campana di vetro, immune da ogni contaminazione.

Dunque, possiamo dire che la crisi è nata prima del governo. Per questo, gli italiani si risveglieranno oggi con sentimenti contrastanti. Con la preoccupazione oggettiva, legittima che ora tutto diventi più difficile; che la ripresa si allontani e abbracci altri Paesi. Che le tasse aumentino e il debito pubblico pure. Tutto vero. Ma soprattutto a sinistra saranno pure in tanti (tutti) a tirare un sospiro di sollievo per la fine di una convivenza che non hanno mai accettato.

Da questo punto di vista, il beau (?) geste di Berlusconi e dei ministri Pdl e l’inevitabile precipitare della crisi, avranno almeno il pregio di fare chiarezza: oggi si chiude probabilmente per sempre qualunque grande coalizione all’italiana. Alchimia per la quale occorrono partiti seri, antagonisti, ma rispettosi delle rispettive storie per intraprendere percorsi comuni, anche per periodi limitati e «per il bene del Paese».

Può succedere in Germania, non da noi. Qui le cose stanno in modo diverso, peggiore, e da domani ancora più difficile. Ricucire, ovviamente, sarà impossibile. Quando Letta «twitta»: «Italiani non abboccate a Berlusconi», segna a sua volta un punto di non ritorno.

Crisi, però, non significa voto subito. Una delle poche certezze del quadro politico, sta nella assoluta volontà di Napolitano di non sciogliere le Camere. Almeno non adesso. Prima pretende una nuova legge elettorale e il varo della legge di stabilità.

Per questo all’orizzonte si prospetta un Letta bis. I numeri non gli mancheranno. Qualche 5 Stelle, centristi sparsi, dissidenti berlusconiani. «Con chiunque ci stia», ha detto il ministro Delrio. Con lo scopo di superare il «porcellum» con un meccanismo che non favorisca il centro destra, aggiungiamo. Mentre ogni ipotesi di sconto giudiziario per il Cavaliere andrà…in cavalleria. Insomma, nel giorno dello strappo, il Paese si lecca le ferite. E in infermeria rischia di andarci Berlusconi