E’ erede diretto di Giorgio Castriota Scanderberg, il nobile condottiero che, dopo aver combattuto per i turchi, nel XV secolo unificò l’Albania e la difese dall’invasore ottomano. Ma non è questa la ragione del successo del sessantunenne Carlo Malinconico Castriota Scanderberg. La ragione del suo successo è che viene dal Consiglio di Stato, ovvero dalla più esclusiva, potente e trasversale lobby che permea i palazzi romani e in modo particolare il governo Monti: la vera Casta. Alla cui appartenenza si sommano affiliazioni in questo caso minori.
E allora non è stano che un alto magistrato contabile come Malinconico abbia anche un avviatissimo studio legale e che, prima di dimettersi per andare al governo, assommasse la carica di presidente della Federazione degli editori alla presidenza di Audipress, alla partecipazione ad altri tre consigli di amministrazione. Lo chiamano «professore», ma alla cattedra non è giunto per concorso: l’allora ministro del Tesoro Dini lo nominò docente alla Scuola superiore di Economia e finanze e una successiva leggina, poi abrogata, consentì a chi godeva di quella qualifica di entrare a testa alta nei ranghi universitari. Pare che Malinconico sia stato tra i pochi a beneficiarne. Perché favorirlo? Perché così capita ai consiglieri di Stato, che a furia di entrare e uscire dal ruolo, di ricoprire incarichi presso gabinetti ministeriali, di patrocinare ricchi arbitrati e di presiedere autorità ‘indipendenti’ si avviluppano in un groviglio di affari, conflitti di interesse e relazioni che li rende spesso intoccabili. Prendiamo l’attuale presidente, Pasquale De Lise detto «Pasqualino marajà» per via delle fortune accumulate, noto al grande pubblico per essere stato sfiorato dall’inchiesta sulla Protezione civile. La stessa che è costata il posto a Malinconico. Ebbene: l’uomo che De Lise nominò segretario generale del Consiglio di Stato, Mario Torsello, ora è capo di gabinetto del ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, che a sua volta ha nominato De Lise direttore generale della nuova Agenzia per le Infrastrutture stradali e autostradali. Posto interessante, per chi s’appassiona agli appalti. Raccontano che sperava di andare all’Antitrust. Poltrona che Antonio Catricalà ha lasciato per assumere l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma a cui era giunto dopo essere stato presidente di sezione del Consiglio di Stato e in quella veste essersi tra le altre cose occupato degli interessi di Telecom. Ma tra gli ex consiglieri di Stato cari a Mario Monti spicca anche l’attuale ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi. Il quale è riuscito a comprare l’appartamento dell’Inps dove viveva con lo sconto del 43% grazie, ma pensa che fortuna, proprio ad una sentenza del Consiglio di Stato. Relatore fu Roberto Chieppa, che a dimostrazione del fatto che il mondo non è poi così grande, è stato ora nominato segretario generale dell’Antitrust dal solito Passera.
Intendiamoci, anche i più critici ammettono che la qualità professionale e scientifica di molti dei consiglieri di Stato in questione è eccellente. Ma anche i meno critici ammettono che ciò non basta a spiegare le ragion di tante splendide carriere sulla scia di Giovanni Giolitti. «I consiglieri di Stato sono un clan, considerano sacri i rispettivi familiari, si frequentano tra loro e soprattutto frequentano il potere in maniera efficace e trasversale», riassume un magistrato del Tar, forse invidioso.
Si capisce dunque perché alla domanda «cosa ha spinto Monti a fare sottosegratario Malinconico quando già lo scandalo che l’ha poi travolto era noto?», tutti sorridano. C’è chi ricorda che la squadra di governo è stata in parte fatta al Quirinale, dove oltre al consiglire giuridico Sechi, spicca un altro ex consigliere di Stato: il segretario generale Donato Marra. C’è chi ricorda che a Palazzo Chigi Malinconico arrivò ai tempi di Prodi, via Giulio Santagata. C’è chi allude al potere di Gianni Letta, chi a quello di Antonio Catricalà e chi fatica a scindere l’uno dall’altro. Un po’ come quando a Roma si parla di massoneria e Opus Dei.