Il futuro dell’Europa dipende dalla sentenza con cui, in autunno, la Corte costituzionale tedesca valuterà la legittimità delle scelte operate dalla Bce di Mario Draghi. Il futuro dell’Italia dipende dalla sentenza con cui, martedì prossimo, la Corte di Cassazione valuterà il ricorso presentato dagli avvocati di Silvio Berlusconi dopo la condanna in secondo grado al processo Mediaset. Alla (crescente) debolezza della politica corrisponde la (crescente) forza della magistratura. Non è un problema solo italiano, ma solo in Italia il problema assume proporzioni così vaste. Negli ultimi dieci giorni la Consulta ha fatto a pezzi la legge che cercava di mettere in riga le regioni e, ieri, quella che colpiva le ‘pensioni d’oro’ per fronteggiare la crisi. Sempre ieri, il governo ha dovuto svuotare di poteri le province perché a inizio mese la Corte aveva dichiarato incostituzionale la loro abolizione. Si badi bene: i giudici costituzionali non impedirono l’abolizione delle province per questioni di merito, ma perché era stata decisa con un decreto legge. Cioè con uno strumento che la stessa Costituzione (art.77) affida all’esclusiva «responsabilità» del governo. Negli Stati Uniti si dibatte da tempo sulla legittimità di un’organismo, la Corte Suprema, il cui potere è evidentemente superiore a quello politico. In Italia non si dibatte affatto. In compenso il futuro della nostra industria siderurgica è affidato al giudizio di un tribunale (caso Ilva) e tutti ricordano che nel 2008 una sentenza del Tar mise a repentaglio non solo la tenuta di un governo (era il governo Prodi) ma anche i rapporti transatlantici bocciando l’allargamento della base Usa di Vicenza. La magistratura ha giocato un ruolo chiave nella delicata partita sul futuro dei rifiuti in Campania e all’Aquila ha stabilito che i sismologi debbono poter prevedere un terremoto. E’ impossibile? Peggio per loro. Corrono tempi duri per il legislatore, soprattutto quando osa tentare di introdurre il principio di responsabilità in un Paese notoriamente irresponsabile come il nostro: a Roma i giudici sospendono la pena agli ultrà violenti, ad Aosta reintegrano poliziotti assenteisti, in mezz’Italia contrastano le politiche sull’immigrazione. La Cassazione ha persino fissato il diritto degli studenti ad occupare le scuole. A questo si è arrivati per tre fattori: la debolezza della politica; il protagonismo dei magistrati; la ricerca, tipicamente italiana, di una risposta per tutto e di un capro espiatorio per ciascuno.