La conversione parlamentare delle manovre economiche è sempre stata complicata, ricca di colpi di scena e dagli esiti imprevedibili fino all’ultimo voto. Generalmente «di fiducia». Anche stavolta è ragionevole che il governo ponga la fiducia, ma ad oggi lo stallo è pressoché totale. Facile immaginare il tormento degli uomini di governo delegati al confronto con i gruppi parlamentari: con chi parlare? Come si può, ad esempio, concedere a qualcosa al capo dei deputati berlusconiani Brunetta senza sapere se dopo il Consiglio nazionale del Pdl di domani Brunetta e Berlusconi saranno ancora parte della maggioranza? E che senso ha trattare col capo dei deputati del Pd, il bersaniano Speranza, sapendo che tra meno di un mese il Pd avrà un nuovo segretario e di lì a poco dei nuovi capigruppo? Chiaro che, essendo più ravvicinata nel tempo e riguardando direttamente la collocazione maggioranza-opposizione, l’incertezza sulle scelte del Pdl pesi più di quella sulle scelte del Pd. Ma stiamo comunque parlando di cambiamenti politici radicali, che fatalmente si riverbereranno sul governo. Un governo, peraltro, che secondo le migliori tradizioni si sta mostrando perfettamente in grado di farsi del male da solo. Ha cominciato il premier Letta, che per debolezza ha delegato al parlamento la riscrittura di parti salienti della Legga di stabilità. Sono poi venuti gli inediti battibecchi tra il ministro dell’Economia, Saccomanni, e l’Istat sul crollo del Pil. Gli spericolati commenti del ministro del Lavoro, Giovannini, sui dati Osce relativi all’occupazione. Lo scontro, silenzioso ma non privo di effetti concreti, tra Saccomanni e il ‘suo’ viceministro Fassina. E ieri l’allarme del presidente dell’Inps, Mastrapasqua, sulla tenuta stessa dei conti previdenziali. Allarme poi rientrato. Perché alla fine rientra tutto, o quasi. Ma intanto montano polemiche che contribuiscono ad irrigidire posizioni politiche che in una maggioranza di larghe intese sono distanti per definizione. Fu uno sbaglio, evidentemente legato a ragioni ‘di immagine’, promuovere un governo di inesperti. Con un quadro politico già in aprile chiaramente destinato all’instabilità, meglio sarebbe stato riunciare a qualche frizzante «novità» privilegiando invece chi, possibilmente dotato di comprovata intelligenza politica, avesse già svolto le funzioni di ministro. Un altro, inutile, sacrificio al dio dell’antipolitica.