Matteo Renzi non è stato certo il primo. Dal 2005, anno del suo debutto come cancelliere della Germania, Angela Merkel ha visto sfilare davanti a sè già cinque presidenti del Consiglio italiani. E poichè i pregiudizi sono duri a morire, e di solito anche piuttosto fondati, c’è da credere che in ciascuno abbia riconosciuto gli elementi dell’italianità per come può intenderli e giudicarli un compatriota di Lutero. Quegli elementi che ieri infarcivano gli articoli della stampa tedesca, incline ad inquadrare la missione di Renzi a Berlino come il consueto tentativo italiano di ottenere deroghe alla politica del rigore per potersi comprare il consenso in patria a colpi di sgravi fiscali. Insomma, la solita cicala italiana che spera di campare alle spalle della formica teutonica. Faceva forse eccezione al tipo italiano l’allora premier Mario Monti, che infatti si piccava d’essere gradito a Berlino perché giudicato «un po’ tedesco» in proprio. Ma non per questo la Merkel gli concesse gli agognati eurobond. Ottenne invece la disponibilità a vararare lo scudo salva-stati, ma non si trattò di una concessione all’Italia bensì di un interesse dell’intera eurozona volto a sedare la nevrosi dei mercati. Insomma, nessun premier italiano ha strappato alla cancelliera particolari licenze in sede europea. E al momento non c’è ragione di credere che Matteo Renzi possa rappresentare un’eccezione. Del resto, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble è stato chiaro: bene il programma riformatore di Renzi, ma guai a finanziarlo a scapito del rigore sui conti pubblici. A prima vista, sembra un monito al governo italiano affinché rinunci alla pretesa di utilizzare il differenziale che attualmente ci separa dal famigerato tetto del 3 per cento tra debito e pil per finanziare il rilancio dell’economia. Così fosse, ai conti fatti dal premier mercoledì scorso illustrando il suo pacchetto di riforme mancherebbero più di 6 miliardi. E’ però probabile che il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi abbia ragione quando sostiene che, «per la prima volta da diversi anni a questa parte, la cancelliera Merkel mostra di avere fiducia in un premier italiano». Ma se anche Angela Merkel si fosse convinta che più dei suoi predecessori Renzi riuscirà a rendere concreti i propri propositi riformisti, è stata lei stessa a dire che i risultati delle riforme «vanno valutati nel medio e lungo termine». Insomma, al netto dell’afflato umano e della fiducia politica, resta il fatto che la Germania non pare intenzionata a concedere particolari deroghe all’Italia e che senza deroghe ai vincoli di bilancio nessuna «grande scossa» potrà essere data alla nostra economia.