Marco Tardelli, ovvero l’estasi. L’urlo, gli occhi sgranati, la corsa sfrenata lungo il capo da gioco, il vento tra i capelli, i pugni stretti che puntano il cielo, Sandro Pertini in tribuna che balza in piedi ed esulta come un ragazzino. Insomma, l’Italia che vince: la passione e l’orgoglio nazionale. Ecco perché il segretario del Pd Matteo Renzi intende candidare l’eroe dei Mondiali di Spagna alle prossime Europee. Perché la politica è fatta di simboli e Tardelli è il simbolo che ci vuole. Non solo perché è stato un campione, non solo perché nel breve spazio di un campionato mondiale di calcio ha fatto grande l’Italia, non solo perché da centravanti mostrava qualità non propriamente attinenti al carattere nazionale: la forza, la determinazione, lo spirito di sacrificio e il senso della squadra. C’è anche il fatto che quell’11 luglio 1982, allo stadio Bernabeu di Madrid, grazie anche al gol del 2 a 0 segnato da Tardelli l’Italia battè la Germania 3 a 1. Ed essendo oggi la rigorosa Germania della signora Merkel la bestia nera dell’italiano medio, ecco che candidare Tardelli significa accreditare l’idea di un improvviso ed inatteso rovesciamento del fronte europeo. Un occhieggiare al diffuso sentimento antitedesco, dunque, un far leva sull’orgoglio nazionale italiano così come negli anni Novanta Tony Blair fece leva sull’orgoglio nazionale britannico.
La trattativa è in fase avanzata. Quasi certo che il nome Tardelli finirà nelle liste dei candidati del Partito democratico alle Europee. Essendo toscano (è nato a Lucca nel ’54) verrà probabilmente candidato nella circoscrizione centrale. Anche se da anni vive ormai stabilmente in Inghilterra, dove allena una squadra di calcio. Martedì scorso Renzi l’ha incontrato a Londra. Era in corso un ricevimento in occasione della presentazione di ‘Welcome Italia’, una rassegna enogastronomica interamente dedicata al Belpaese, e quando Tardelli si è appalesato Renzi non ha fatto nulla per trattenere l’entusiasmo: «E’ il numero uno, l’autore del secondo gol nella semifinale mondiale Italia-Argentina!», ha spiegato al sindaco londinese Boris Johnson abbracciando platealmente l’ex calciatore. Essendo un amante del calcio e al tempo stesso un dirigente di quel partito conservatore britannico il cui leader più noto, Margareth Thatcher, dichiarò guerra all’Argentina, la soddisfazione di Johnson è stata doppia.
Non è la prima volta che la sinistra evoca la nazionale di Bearzot. Quando, a fine 2012, la cancelliera Merkel si espresse a favore della candidatura di Mario Monti, sul sito del Partito democratico comparve una carrellata di foto consolatorie a celebrare le vittorie calcistiche dell’Italia sulla Germania. E la foto dell’«urlo» di Tardelli naturalmente era il pezzo forte. «Siamo come la nazionale di Bearzot», disse Walter Veltroni nel ’98, forte del fatto che Marco Tardelli avesse firmato il manifesto del nascente Pd. Stavolta, l’ex calciatore dovrebbe dunque passare dalla testimonianza all’impegno politico diretto. In un certo senso profetizzato da un’altra vecchia gloria calcistica, Dino Zoff, che nei giorni scorsi in un’intervista al nostro giornale aveva sostenuto che Renzi ha molto in comune con Tardelli. Ad esempio: «La franchezza, il coraggio, il desiderio di metterci la faccia provando a dare la carica agli altri».