Walter Veltroni ha paura delle donne. Una paura generica ed irrazionale, poiché in questa fase nessuno saprebbe fare il nome di una signora che possa ragionevolmente essere eletta capo dello Stato. Ma poiché di Renzi si conosce l’inclinazione a valorizzare il gentil sesso, teme che, quando verrà il momento di indicare il successore di Napolitano, dal cilindro di palazzo Chigi salti fuori un candidato in gonnella. Lo teme, perché ad oggi il più accreditato per il ruolo di capo dello Stato pare essere proprio lui, Walter Veltroni. Ma siamo ancora alle chiacchiere da Bouvette.
Nel Palazzo la questione tiene banco da mesi e ieri è tornata d’attualità a causa di una lettera aperta indirizzata da Giorgio Napolitano al direttore del Corsera Ferruccio de Bortoli. Al netto del bilancio politico ad un anno dalla rielezione, la frase che conta è questa: «Confido che stiano per realizzarsi condizioni di maggior sicurezza, nel cambiamento, per il nostro sistema politico-costituzionale, che mi consentano di prevedere un distacco comprensibile e costruttivo dalle responsabilità che un anno fa mi risolsi ad assumere entro chiari limiti di necessità istituzionale e di sostenibilità personale». Cosa ha voluto dire il capo dello Stato? Emanuele Macaluso, suo vecchio amico e sodale politico, non ha dubbi: «Ha voluto dire che lascerà l’incarico non appena la legge elettorale e le riforme costituzionali saranno messe su un binario sicuro». Secondo Macaluso, dunque, non occorre che il treno delle riforme costituzionali arrivi a destinazione: è sufficiente che il parlamento le abbia votate in prima lettura e che il quadro politico sia compatibile con la loro definitiva approvazione. Se non ci saranno slittamenti rispetto ai tempi annunciati ancora ieri da Renzi, dunque, Napolitano potrebbe dimettersi già in ottobre. Ma c’è anche chi, come Beppe Fioroni, ritiene che «aspetterà l’approvazione definitiva delle riforme», perciò «se ne riparlerà il prossimo anno». Delle due, la prima tesi è la più accreditata. Una cosa è certa: il vincolo del semestre di presidenza italiana dell’Ue che inzierà in luglio ha perso ogni appeal: per Napolitano non sarebbe un problema dimettersi entro dicembre.
Naturalmente, e a maggior ragione se la rielezione dovesse avvenire nel periodo in cui gli occhi dell’Europa saranno puntati sull’Italia, l’attuale capo dello Stato pretende un accordo solido sul nome del suo successore. Fosse per lui, toccherebbe a Giuliano Amato, apprezzato anche da Berlusconi. Ma Renzi è convinto che quel nome sia indigesto a sinistra. Il nome di Romano Prodi (apprezzato dai grillini) risulta invece indigesto sia a Napolitano sia a Berlusconi. E se il treno delle riforme andrà avanti, logica vuole che il prossimo Capo dello Stato debbe godere anche della simpatia del leader di FI. Si arriva così a Walter Veltroni. Che con Renzi vanta un’ottima sintonia e con Berlusconi, in fondo, pure. I veltroniani ci confidano, e il fatto che negli ultimi tempi Veltroni eviti le polemiche e si sia dato al cinema lascia intendere che ci confida anche lui. Un renziano di peso ammette che quel nome è spendibile, ma aggiunge: «Non trascurare il gusto di Matteo per i colpi di scena. Hai presente come è finita per i capilista del Pd alle Europee?». E’ finita che Renzi ha privilegiato le donne: di qui il timore di Veltroni.
PS
C’è sempre l’incognita Draghi, ammesso sia vero che l’attuale governatore della Bce sia in procinto di lasciare Francoforte. Ma seppure in parlamento si costituisse una maggioranza disposta a vortarlo, la sua elezione verrebbe letta come un commissariamento del governo. Per Renzi è meglio un politico.