Ci sono i “Giuristi democratici” e c’è il “Comitato difesa della Costituzione”; ci sono le firme del “Fatto” contro la <svolta autoritaria> e c’è la “Carovana per la Costituzione sempre”; c’è l’ostruzionismo in Senato e c’è la <guerriglia democratica> dei grillini, sempre a favore di telecamera. C’è stato poi un fatto clamoroso: il corteo dei parlamentari “democratici” che ha attraversato il centro di una Roma affollata di turisti e tra i flash dei fotografi è salito fin sul colle del Quirinale urlando sdegnato contro la riforma liberticida. Osservata con occhi estranei, l’Italia è un Paese a dir poco instabile. Prova a spiegarlo, ad un osservatore straniero, che sono solo i colpi di coda di una “vecchia” politica, la sommatoria di piccoli calcoli di bottega partitocratica, le resistenze culturali d’una parte della sinistra e l’isteria di una minoranza intellettuale perennemente dominata dal tic antifascista, non ti crederà. Non ti crederà perché tutto lascia credere che l’Italia sia la stessa di sempre: caotica, conflittuale, irriformabile. Se il tasso di crescita dell’economia spagnola è quattro volte quello italiano, la disoccupazione cala, le esportazioni crescono e i capitali stranieri affluiscono, è anche perché la politica e la società iberiche sembrano pacificate. Passa così l’idea di un Paese realmente intenzionato a migliorarsi, un Paese compattamente incamminato lungo una via virtuosa che porta al risanamento e che viene percorsa con senso di responsabilità. I mercati apprezzano, hanno fiducia. Hanno fiducia anche perché il premier Mariano Raioy ha messo mano sul serio e fino in fondo alla riforma delle riforme, quella del lavoro. Riforma che ha rimesso in moto l’economia spagnola; riforma invano caldeggiata nella lettera che la Bce indirizzò nell’agosto del 2011 al governo italiano. Anche per questo alla Spagna è consentito di sforare il 3% di deficit e all’Italia no. Vista da fuori, l’Italia non ispira quella fiducia che pure Renzi potrebbe forse riuscire a strappare. Poi uno pensa: ma se il parlamento si blocca e la società si mobilita per impedire che il Senato venga riformato nel senso delle seconde camere di tutti i paesi d’Europa, cosa mai potrà accadere quando verrà il momento di varare la riforma del mercato del lavoro? No, i lamenti delle prefiche democratiche non fanno danno tanto Renzi quanto all’Italia.