L’Islam è un pretesto, il disperato tentativo di dare un senso alla vita vivendo un’esistenza avventurosa. Un tempo, i giovani occidentali più disadattati e a modo loro romantici si arruolavano nella Legione Straniera. Estremisti come l’ex sacerdote filobrigatista Silvano Girotto, detto «frate mitra». Estremisti come il neofascista Giulio Salierno, inseguito da un ergastolo. «Legio patria nostra», è il motto, è lì risiedeva il senso della loro scelta: trovare in un gruppo, virilmente armato, quell’identità, quella chiarezza di ruoli e quella solidarietà interna che la vera patria d’origine non riusciva ad offrirgli.
La Legione è passata di moda, le ideologie non tirano più, la «bella morte», il «viver virile» o la dimensione «spirituale armata» vengono ora cercati nella fede e a Oriente. In un efficace pamphlet, ‘L’uomo maschio’, il francese Eric Zemmour denuncia il processo di «femminizzazione» degli uomini europei. Parla di «uomo campato in aria» («senza radici, né razza, né sesso, né identità») e indica nella «virilità» dell’Islam la ragione del suo fascino. E’ dunque questa la molla che scatta nella debole testa di quei giovani occidentali che si fanno musulmani per poi annullarsi nella guerra santa (Jihad). Giovani come il genovese Giuliano Delnevo, ucciso durante un combattimento in Siria nel giugno dello scorso anno. «Non volevamo seguire la massa, cercavamo un legame con il trascendente che andasse oltre il nostro produci-consuma-crepa», ha spiegato Andrea Lazzaro, un ex punk della Valbisagno suo amico, come lui convertito all’Islam. Aveva cercato un senso e un’identità, Delnevo, anche tra i ranghi dell’estrema destra. La cui retorica al tempo stesso vitalista e nichilista ha di certo plasmato la mente di altri combattenti di Allah. «Ho vita solo quando si incrociano le spade e il vento gonfia il drappo di chi cade», cantavano i giovani neofascisti parafrasando una poesia di Ezra Pound. E qualcuno di loro nei primi anni Novanta andò marinettianamente a cercare la bellezza della guerra arruolandosi nella Brigata internazionale croata. Poi, certo, l’antisemitismo un ruolo lo gioca. E l’antisemitismo ha radici antiche anche a sinistra, poiché l’odio non ha colore politico né confini geografici e più dell’amore spinge alla militanza. Ma più di tutto conta la frustrazione. La frustrazione di giovani immigrati di seconda generazione, privi perciò di riconoscenza per l’Occidente che li ha accolti e di speranza nel futuro. La frustrazione di giovani occidentali sazi, smarriti e insoddisfatti. «Sei soddisfatto della tua vita?», sorride un americano con la figlia piccola in braccio nel video di arruolamento dell’Isis. Se la risposta è no — è sempre no, la risposta — l’uomo ti assicura che «qui troverai amore, fratellanza, giustizia, sharia», cioè la legge di dio. E qualcuno ci casca. Ci casca perché tra sughero e piombo è il secondo a dare certezze maggiori.
Ma l’Islam non c’entra, è solo un pretesto. L’inglese Maida Vale detto ‘John’, il francese Raphael Gendron, l’americana Nicole Mansfield detta ‘mamma Jihad’ e gli altri ‘occidentali’ che hanno scelto la guerra santa l’hanno fatto spinti dalla disperazione di una vita sradicata. Letteralmente: priva di radici. E poi, naturalmente, perché, come scriveva Nietsche, «l’uomo è una corda tra la bestia e il superuomo. Una corda sull’abisso». E in quell’abisso c’è sempre qualcuno che finisce per cascarci dentro.