Alle analisi politologiche e ai dati dei sondaggisti su sindacato, Renzi e riforma del lavoro arriveremo tra poco. Partiamo invece dal parere di Kevin Spacey, l’attore. Quello che nella serie televisiva ‘House of Cards’ interpreta Francis, il politico americano spietato e machiavellico. Per spiegarne la straordinaria popolarità, Spacey all’Espresso l’ha messa così: «Francis piace perché è uno che le cose le fa… gli spettatori sono così frustrati dalla paralisi politica che ora sono disposti ad accettare un’idea di democrazia tutt’altro che ideale». E questo, in fondo, è il punto.
Dice la sondaggista di Euromedia Research Alessandra Ghisleri che «il calo di popolarità di Renzi dipende dal fatto che appare indebolito dalle resistenze del partito, delle burocrazie, delle lobby… Ma se comincia a fare le cose e si dimostra forte rimonta di sicuro». Indipendentemente dalle cose che fa, verrebbe da dire. E se, aggiunge il docente di Analisi dei dati statistici Paolo Natale, per farle «deve scontrarsi con i ‘vecchi’ dirigenti del Pd e col sindacato, che oggi gode della fiducia di appena il 20% dei cittadini, il successo è assicurato». E’ però importante, aggiunge Natale, «che non si lasci schiacciare sul solo articolo 18, che bene o male viene ancora associato a una tutela per il lavoratore». E infatti in queste ore da palazzo Chigi si insiste molto sul potenziamento degli ammortizzatori sociali, sull’ampliamento dell’indennità di disoccupazione, sulle garanzie per i non garantiti.
«Una quota vicina al 70% dei votanti Pd vorrebbe una nuova legge sul lavoro», dice Natale. E dalle ricerche della Ghisleri emerge che solo il 31% degli elettori vuole che nulla cambi: il 43% guarda con favore alle modifiche dell’articolo 18, e l’8,7% lo ritiene «lontan» dalla propria «realtà». Non solo. Le garanzie dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori riguardano solo 9 milioni di lavoratori dipendenti su 18, cioè quelli impiegati in aziende con più di 15 dipendenti. E il dato è in calo costante. Se a questo si aggiunge che solo il 16% dei rapporti di lavoro attivati dall’inizio dell’anno prevede contratti a tempo determinato, si capisce che il tabù dell’articolo 18 è di per sè minoritario. E anche come totem funziona poco. Quando, nel 2003, Rifondazione, Verdi, Cgil, Idv, Pdci e minoranza Ds cavalcarono il referendum per estendere a tutti i lavoratori dipendenti le tutele dell’articolo 18, il risultato fu disastroso: andò a votare solo il 25% degli elettori, un record negativo nella storia dei referendum.
«Renzi — osserva dunque la Ghisleri — sta raccontando una storia nuova mentre i suoi avversari ripetono una storia vecchia, pergiunta ignota ai più». Se poi il premie riuscirà a convincere i ‘garantiti’ che con la riforma sarà più facile che i loro figli e i loro nipoti trovino lavoro, il gioco è fatto. «L’Italiano — riflette infatti la fondatrice di Euromedia — è un animale strano: si adatta ai cambiamenti molto più di quanto non si pensi e non è ideologico come appaiono invece certe élite politiche e sindacali».
Insomma, l’«operazione lavoro» messa in campo da Renzi è popolare nel Paese, meno nel Palazzo, per nulla tra i ranghi della vecchia guardia Pd che nel Palazzo è sovrarappresentata. In condizioni del genere, dopo essersi duramente scontrato con «il fronte della conservazione e del privilegio», Francis andrebbe ad elezioni.