Non è stato Matteo Renzi ad assestare il colpo di grazia alla minoranza del Pd, è stato Walter Tocci. Una vera e propria lezione di stile, quella del senatore ‘civatiano’. Intimamente contrario alla riforma del lavoro ideata dalla coppia Renzi-Poletti, Tocci non ha firmato ridondanti appelli come hanno fatto 27 senatori del Pd né ha disertato l’aula al momento del voto come hanno fatto Mineo, Casson e Ricchiuti: è entrato in aula a testa alta, ha votato la fiducia al governo perché questo gli ha imposto il proprio senso del dovere rispetto al partito con cui è stato eletto e si è dimesso da senatore perché questo gli ha imposto la propria coscienza di uomo «di sinistra». Una scelta rigorosa e ineccepibile. Una scelta che getta un’ombra sinistra sull’atteggiamento dei suoi compagni: sia quelli che hanno trovato il modo di evitare il voto; sia quelli che hanno votato turandosi il naso ma non la bocca. Difficile infatti sostenere che Renzi sia uguale alla Thatcher, che il Jobs Act faccia strame dei diritti dei lavoratori, che il Pd abbia smarrito la propria connotazione di partito «di sinistra» e al tempo stesso rimanere inchiavardati ai propri posti di combattimento, sia nel partito sia nel parlamento. Se ora, nel ruolo di segretario, Renzi volesse dare davvero un segnale forte, farebbe quel che ha minacciato ieri il vicesegretario Guerini: caccerebbe dal Pd quanti hanno rifiutato di votare la fiducia a un governo guidato dal leader del partito cui appartengono. Se loro non hanno fiducia in lui, come può lui avere fiducia in loro. E’ invece probabile, molto probabile che alla fine il quieto vivere e i calcoli sui numeri risicati della maggioranza in Senato prevalgano e la massima delle sanzioni possibili non venga comminata. Col rischio che il passaggio del Jobs Act alla Camera si trasformi in un nuovo psicodramma. E’ anche probabile, molto probabile, che il Senato respinga le dimissioni di Tocci e che il senatore dissenziente ma coerente eviti di rinnovare la richesta. Ma se anche ciò dovesse accadere, resterà inalterato il valore del suo ‘bel gesto’: un gesto da uomo d’onore. Un gesto raro come è raro che un uomo politico abbia la forza morale per impartire, non a parole ma con i fatti, una lezione di etica. Con la sua lettera di dimissioni Walter Tocci ha per un attimo riscattato l’immagine della politica intera.