Ci sono i rivoluzionari. E ci sono i rivoluzionari da salotto. I rivoluzionari da salotto sono quelli che amano la vita comoda: fanno la voce grossa, ma detestano correre rischi. Assumersi le responsabilità dirette delle proprie scelte, poi, gli sembra inconcepibile. Ieri ne abbiamo visti in azione di due tipi, i black bloc arrestati per le violenze di venerdì a Milano e i deputati del Pd che alla Camera hanno votato contro l’Italicum. I primi, ai magistrati che li interrogavano, hanno negato tutto. Si va dal classico «io non c’ero», al «c’ero, ma fuggivo», fino al sublime «non mi interesso di politica». L’evidenza dei fatti e lo status di parlamentare hanno impedito ai dissidenti del Pd di osare tanto. Ma la pretesa di votare contro la nuova legge elettorale approvata sia dalla Direzione del partito, sia dall’assemblea del gruppo, sia dal Senato, senza dar mostra di un minimo di coerenza ideale stracciando di conseguenza la tessera del Pd e magari anche rinunciando allo scranno parlamentare, non è degna di minor nota. Rivoluzionari, certo, ma da salotto. Un salotto comodo, quello ‘democratico’. Che se Renzi fosse davvero non il dittatore che dicono i critici, ma il decisionista che dice lui, li dovrebbe senz’altro sbattere fuori. Ma non lo farà. Non lo farà perché nel salotto del Pd c’è spazio per tutti e c’è bisogno di ciascuno, anche di chi sfascia le vetrine del partito.