Pur di far torto all’imperatore Carlo V d’Asburgo e minarne l’egemonia, nel 1536 Francesco I schierò la Francia al fianco del sultano Solimano nonostante il “Magnifico” ottomano intendesse islamizzare l’intera Europa trasformandola in una provincia turca. I francesi son fatti così: cadono facile preda di un cieco orgoglio, e quando l’orgoglio li acceca non esitano a saltare baldanzosi dalla padella alla brace. Ne hanno dato lampante prova nel 2011 con la guerra a Gheddafi: un errore talmente clamoroso da meritare il bis. Manca poco, infatti, che la storia si ripeta. Nelle ultime settimane, i servizi segreti e l’aviazione francesi stanno facendo di tutto per sovvertire quel po’ di stabilità che è stata faticosamente raggiunta in Libia. I raid militari e gli accordi politici realizzati dai francesi mirano infatti al caos, perché semmai i governi di Tripoli e di Tobruk dovessero davvero trovare quell’intesa cui sta tenacemente lavorando l’Italia, dal punto di vista geopolitico la Libia resterebbe collocata dov’è: nell’orbita italiana. La Francia non riuscirebbe dunque a mettere il cappello sul Nord Africa e soprattutto la compagnia petrolifera francese Total non riuscirebbe a entrare in Libia scalfendo lo strapotere dell’italiana Eni. La Francia vuole la guerra subito. L’Italia vuole che prima si consolidi un quadro politico nazionale in grado di sostenere il conflitto e soprattutto di imporre un nuovo ordine quando i bombardamenti sulle postazioni dell’Isis saranno terminati. Gli Stati Uniti pendono dalla nostra parte, ma Hollande preme su Washington affinché Washington prema su Roma inducendoci a cambiare approccio. Obiettivo: bombardare subito. Pare ci fosse la Francia dietro l’ordine di attaccare Tripoli impartito a fine settembre dal generale guerrafondaio di Tobruk Haftar al suo capo militare Khaled Tantoush. L’attacco avrebbe innescato una spirale di violenza ingestibile; un provvidenziale intervento dell’intelligence italiana ha evitato che si consumasse. Nessuno ne parla, ma in Libia le tensioni tra Italia e Francia sono all’ordine del giorno. Le possibilità che l’accordo politico tra le due fazioni libiche porti già sabato alla nascita di un governo unitario sono invece ridotte al lumicino. Probabile che occorra più tempo. Ma mentre il tempo passa ferve il lavoro dei professionisti del caos. E’ una gara di velocità, tra non molto sapremo chi è il vincitore. Di certo c’è solo che, come dimostra la guerra guidata dai francesi alla Libia di Gheddafi, si può vincere sul piano militare e al tempo stesso perdere sul piano politico. Ma non ci sarebbe nulla di cui gioire se la Francia, grazie alla pervicacia che la contraddistingue, riuscisse a replicare lo stesso errore compiuto cinque anni fa: Parigi si troverebbe nuovamente con un pugno di mosche in mano, d’accordo, ma il mondo sarebbe ancora alle prese con l’instabilità attuale. Una festa per trafficanti di immigrati e miliziani dell’Isis.