Va bene mettere l’ospite a proprio agio, ma non al punto da nascondere ogni traccia della propria civiltà. Far sparire l’alcool dalla tavola imbandita per Rohani e coprire le nudità delle statue romane esposte lungo il passaggio del presidente iraniano dà l’idea che la nostra identità culturale sia un orpello. Un vezzo sacrificabile sull’altare dell’interesse economico. I francesi non lo fanno, e non per questo mancano di stringere affari con l’Iran e con gli altri paesi islamici. Noi che invece ci riteniamo furbi, caliamo volentieri un velo d’ipocrisia sulle tracce più antiche della nostra identità. Ci stupiamo delle violenze di Colonia, fingendo di non sapere che 9 islamici su 10 ritengono che la donna «debba» obbedire all’uomo. Teorizziamo l’integrazione, ma chiudiamo un occhio sulla barbarie dell’infibulazione, sulla sottomissione femminile, sui matrimoni combinati… Sui valori e i principi della Costituzione repubblicana che pure diciamo di amare. Estranei a noi stessi, indossiamo per antica vocazione la blusa di Arlecchino, dove trovano spazio tutti i colori ma non ce n’è uno che ci appartenga davvero.