Le mani pulite sono destinate a sporcarsi. Era il 1993, la Prima Repubblica si stava sgretolando sotto i colpi delle procure e nelle piazze i giovani missini cantavano “onestà, onestà”, tiravano manciate di monetine (c’era ancora la lira, l’investimento era sostenibile) alla volta della pur mussoliniana pelata di Bettino Craxi, indossavano guanti bianchi per ostentare il proprio candore giudiziario, davano l’assalto a Montecitorio vestendo magliette con scritto “arrendetevi, siete circondati”. Poi la Prima repubblica crollò, il Movimento sociale divenne Alleanza nazionale e dopo quasi cinquant’anni di opposizione i postfascisti si ritrovarono al governo del Paese, dei Comuni, delle Regioni, delle Province. Assieme alle responsabilità di governo giunsero anche gli avvisi di garanzia. Un po’ alla volta, caso per caso, in un crescendo rossiniano. I guanti bianchi finirono pertanto nei cassetti e mani non sempre pulite vennero opportunamente sprofondate nelle tasche. Analoga parabola ha per protagonisti i leghisti così come i dipietristi. Sono passati più di vent’anni, da allora, e tutto come sempre ricomincia. Una vecchia storia con protagonisti nuovi: si accomodino, dunque, i grillini alla sbarra, benvengano ora i balbettii, i distinguo, gli imbarazzi dei pentastellati. Stelle cadenti precipitate dal cielo alla terra, dalla teoria alla pratica. Dopo il sindaco di Quarto accusato di voto di scambio e tentata estorsione, dopo quello di Gela disconosciuto per aver fatto assumere un’assistente, è ora la volta del sindaco di Livorno Filippo Nogarin. Il suo assessore al Bilancio è sotto processo per bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio e falso in bilancio. Si immaginava che un avviso di garanzia sarebbe prima o poi arrivato anche a lui: è successo ieri. E’ successo mentre il probabile, futuro leader del Movimento 5Stelle Luigi Di Maio si trovava a Lodi per manifestare in favore dell’avvenuto arresto del sindaco Pd Simone Uggetti. Imbarazzante. Sarebbe opportuno che i grillini cambiassero retorica. Sarebbe opportuno, e non sarebbe sconveniente, se passassero dall’astrazione alla realtà. Se ammettessero solennemente che non tutti i reati sono uguali (Marco Pannella, per dire, è pluripregiudicato a causa delle sue battaglie politiche, ma nessuno ne ha mai messo in dubbio la moralità) e che non basta un avviso di garanzia a dimostrare un reato. Soprattutto in un Paese dove i magistrati sono spesso ideologici e narcisisti e dove ogni anno vengono arrestati (arrestati, non solo incriminati) 7mila innocenti. Quasi tutti i sindaci finiscono prima o poi sotto processo, e la maggior parte ne esce pulita. La regola per cui al primo avviso di garanzia ci si deve dimettere suona bene, certo, ma è una rinuncia. Una rinuncia alla politica, una rinuncia alle proprie responsabilità. Oltre che un’arma carica nelle mani di affaristi, avversari politici e pubblici ministeri. Sarebbe opportuno che i grillini lo capissero e inneggiando alla sovranità della politica modificassero le proprie regole assolute aderendo alla linea del caso per caso. Sarebbe opportuno, ma non accadrà. Non ancora, almeno. Accadrà quando, aumentando le loro responsabilità di governo, aumenteranno anche gli avvisi di garanzia che gli verranno recapitati. Nell’attesa, è legittimo accusarli di usare una doppia morale.