Il mio commento pubblicato su QN il 1 maggio 2012

LA FELICITÀ IN UN PO’ DI PANE

CI SIAMO geneticamente modificati. Abbiamo paura. E non siamo felici. E ci ripetiamo come un mantra: troppi tagli, troppe tasse; poche idee, nessun futuro. Risultato: tutti contro tutti. Per difendere il nostro orticello, di questi tempi sempre più prezioso.Di fronte a una tale guerra di logoramento sociale, se potessi,come antidoto, mi catapulterei adAmritsar, una delle maggiori città dello stato del Punjab, nel nord dell’India, dove ho avuto la fortuna di fare un viaggio purificatore.

Riavvolgendo il nastro dei ricordi mi ritrovo senza scarpe e con un velo in testa dentro al Golden Temple, la mecca della religione sikh. E subito eccomi in un altro mondo, dove musulmani, hindu e cristiani per un giorno parlano la stessa lingua. La catarsi parte da una piccola vasca piena d’acqua all’ingresso: immergo i piedi, non senza qualche titubanza tipicamente occidentale. Ma poi capisco: il percorso parte già da qui. Da quei piedi nudi,  ben appoggiati a terra. Senza pretese, desideri, capricci. In mezzo a una miscellanea di sari colorati,copricapi sikh variopinti e uomini seduti per terra a pregare a gambe incrociate, dimentico in un attimo orticelli, rancori, paure. È come essere tutti abbracciati e uguali, senza saperlo. Un’emozione autentica, finalmente. Che prosegue, indomita, non appena mi accomodo in un’immensa sala da pranzo. I volontari del GoldenTemple hanno modi spicci, ma educati. E in un secondo ho in mano una ciotola per l’acqua, un piatto in alluminio con tre scomparti e un cucchiaio.

MI SIEDO a terra, mentre intorno c’è chi ride, chi parla, chi discute. Ma con contegno. In un secondo nel mio piatto si materializza una minestra verde, mentre tutti, all’unisono, allunghiamo le mani per ricevere il pane.

È tutto incredibilmente buono: faccio anche la scarpetta. In attesa del dolce: un liquido bianco con delle mandorle, decisamente ottimo. Esco, come purificata, da quel pranzo frugale, ma delizioso. Fuori, un esercito di uomini e donne tagliano le verdure, fanno il pane, lavano piatti e ciotole. I nonni sorridono ai nipotini che si spruzzano l’acqua mentre tentano di lavare le posate. Sembra una catena di montaggio. Ma umana, troppo umana. Di questi tempi, se potessi, tornerei lì. A respirare un po’ di quell’aria sacra. Semplice. E finalmente pulita.

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