La globalizzazione ha fallito. L’Ikea che cancella le donne dal suo catalogo per l’Arabia Saudita dimostra che la standardizzazione totale, alla fine, non esiste. E che ai cataloghi in serie del colosso svedese si sono dovute apporre alcune modifiche, come appunto photoshoppare le immagini di una donna occidentale in pigiama, facendola sparire dalla fotografia. Un brutto colpo per chi credeva che la globalizzazione avesse vinto la battaglia, livellando sì culture e identità, ma anche esportando un salvifico vento di cambiamento. Il caso dei cataloghi Ikea, insomma, dimostra che la battaglia è ancora in corso. E soprattutto fa emergere qualcosa di letteralmente scioccante: il colosso svedese ci ha pugnalato alle spalle.

Prima ci ha fatto credere di essere una di quelle aziende moderne con l’occhio avanti rispetto all’evoluzione della società. Poi, invece, ha fatto marcia indietro dimostrandosi più oscurantista della stessa Arabia Saudita. Pensate, l’Ikea quando ci propinò i suoi magnifici cartelloni con due uomini mano nella mano e la scritta ‘Siamo aperti a tutte le famiglie’ fece spallucce alle critiche che le piovvero addosso dal mondo cattolico e non solo della civilissima Italia. In Arabia Saudita, invece, si sono messi sull’attenti. Ecco, se l’indignazione per aver accettato di cancellare le donne dal catalogo era già a livelli altissimi, questo usare due pesi e due misure mi lascia ancora più perplessa. Una caduta di stile. Da seppellire dentro un cassetto e da non fare uscire mai più.

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