Articoli pubblicati su QN il 31 agosto 2013

Rosalba Carbutti
FORLÌ
IL FORMAT di Matteo Renzi, questa volta, è da segretario del Pd. Il suo manifesto è di ampio respiro: spazia da Martin Luther King a Obama, finendo nella sua Firenze. Mischia sogni e concretezza. Parole inglesi, slogan e tante speranze. Le tremila persone accorse a Borgo Sisa, nel Forlivese, (e a sera, a Reggio Emilia, sarebbero state cinquemila per lui) applaudono e sembrano dimenticare quei dubbi che, in tempi non lontani, rendeva allo zoccolo duro difficile accettare del tutto il rottamatore. Lui, però, ha perseverato. E, promette, non mollerà. «Se divento segretario rottamo le correnti. Il partito non si eredita, si conquista», urla. La decisione sulla leadership, anticipa, la rivelerà il 21 settembre dopo l’assemblea del Pd. Per ora gli bastano 40 minuti di one man show per scaldare la platea rossa della Romagna, sfiancata dalle larghe intese e da tutto il bailamme su Silvio Berlusconi.

IN PANTALONI blu e camicia bianca d’ordinanza, il suo obiettivo, dice, è ridare una speranza nel futuro, sostituendo la nostalgia con il coraggio. In una raffica di parole senza sosta tira dritto: «Se il governo Letta dura, interessa solo a lui e agli addetti ai lavori. Per quanto mi riguarda, se l’esecutivo non cade io non ho problemi: aspetto. Ma chi non può attendere è l’Italia». Quanto al premier, conclude, «capisco che ci abbia preso gusto, ma…».
Il suo manifesto politico, del resto, è chiaro: «Per chi ha un orizzonte grande davanti, il cielo è rasoterra», dice guardando dritto le prime file della platea. Poi attacca i «gorillai» e scherza: «Basta zoo, falchi, colombe, pitonesse. Ci manca il tacchino sul tetto a smacchiare il giaguaro… così allontaniamo per sempre le persone dalla politica». E dal suo personale «I have a dream», passa in un batter d’occhio al Cavaliere che liquida, dopo venti giorni di silenzio stampa passati in vacanza negli States con la famiglia, con una soluzione definitiva: «Smettere di parlarne. Gli italiani, gli artigiani, le donne incinte, i nonni, si meritano di più. L’unica promessa elettorale gliela abbiamo fatta mantenere noi… L’Imu. Un leader condannato va a casa da solo». Sul palco risponde anche a chi, nell’attesa del suo arrivo, sbottava: «Arrivano sempre tardi, anche alle elezioni». Questa volta, dice Renzi, «non mi faccio fregare».

E TORNA a ribadire a Guglielmo Epifani di non fare scherzi: «Se lo vogliamo chiamare partito democratico, le regole vanno rispettate. Se chiediamo di rispettare le sentenze, non possiamo aver paura del Congresso». Prima di finire il suo show e partire alla volta di Reggio Emilia per un bis, dove oltre 5mila persone l’hanno atteso — intervistato da Bianca Berlinguer il sindaco esorta ancora il Cavaliere a farsi da parte — si toglie l’ultimo sassolino dalle scarpe e zittisce anche Pier Luigi Bersani: «Ha perso voti, tessere ed elezioni…». Il tempo per un saluto (Viva il Pd, viva l’Italia) e parte la canzone di Jovanotti: ‘Il più grande spettacolo dopo il big bang’. Il cantante è lo stesso scelto da Walter Veltroni quando nacque il Pd. Per fare di meglio c’è tempo.

 

La base Pd: Enrico, un bravo ragazzo. Ma è meglio Matteo

FORLÌ
MATTEO Renzi arriva in ritardo di un’ora e mezza, pare per colpa di un trattore che gli ha bloccato la strada, e appena mette piede alla festa di Borgo Sisa scoppia il caos. Le donne si accalcano e qualcuno del suo staff tenta di lanciargli al volo una piadina con il prosciutto («Ha digiunato», spiegano). La folla accorsa per vederlo in questa terra rossissima è quasi tutta convinta: la vera speranza è lui. E se anche la maggior parte ammette, a mezza voce, di aver votato Bersani alle scorse primarie, oggi la riconversione sulla via del rottamatore è quasi totale. «Mi ha baciata, mi ha baciata», urla impazzita una signora sulla quarantina. Gli uomini scandiscono cori da stadio: «Matteo, Matteo».
ANCHE tra i più scettici il mantra è sempre lo stesso: «Letta è il secondo di Bersani, con lui non cambia niente». C’è chi si vanta del suo renzismo della prima ora, come Elisa Dallara, 49 anni, di Cervia: «Ci serve un vero leader, forte e carismatico», e chi invece, come i fratelli Vincenzo e Francesco Capriotti, non si sbilancia troppo: «Noi abbiamo avuto dubbi anche a votare Pd. Siamo al seguito di un renziano vero, nostro padre…». Claudio Triossi, 65 anni, di Ravenna, qualche dubbio ce l’ha: «A me Renzi non piace, è troppo di destra, vuole i voti del Pdl. A questo punto meglio Letta, almeno ha esperienza».
DI TUTT’ALTRO avviso Laura Bertone, 72 anni, di Forlì. Basta nominare le larghe intese per farla girare dall’altra parte: «Alle primarie ho votato per il rottamatore. Letta è al servizio di Berlusconi, basta vedere l’Imu. Abbiamo fatto la figura di quelli piegati ai voleri di Silvio. Se non ci fosse Matteo mi toccherebbe non votare più». Tra chi è arrivato due ore prima, si distingue un trio di ex Pci iscritti dal lontano 1950: «Eravamo bersaniani convinti, ma col tempo si cambia idea. Letta è bravo, per carità, ma questa volta in caso di primarie votiamo Renzi. Abbiamo fallito, adesso basta».