Ebbene sì, è già Santo Stefano. Ci si accorge che l’atmosfera di tortellini-pandoro-panettoni-luci è già quasi “normalizzata” non appena su Twitter t’imbatti in qualche 5 stelle che chiede l’impeachment di Napolitano con retweet (poco natalizi) al seguito. Lo ammetto: quando mi sveglio il 26 dicembre un po’ mi dispiace. Perché il Natale è come mettere l’ovatta al reale, è tornare indietro a quando si era bambini e si credeva che, sì, era stato Babbo Natale a smangiucchiare quel biscotto lasciato apposta sul tavolo. Ma è anche e soprattutto quel tuffo nelle cose di una volta con mio padre che cucina una salsina particolare da abbinare al cappone e legge la ricetta in un quaderno ingiallito che era di mia nonna, mentre mia madre mi racconta le avventure delle sue tante sorelle che se fossero raccolte in un romanzo non avrebbero nulla da invidiare a “Piccole Donne”. Ogni Natale c’è quel quaderno ingiallito, c’è Babbo Natale che mangia il biscotto, le risate con mia sorella, l’ovatta che copre una realtà che a volte fa male e altre volte è ciò di cui non potrei fare a meno da quanto è speciale. Vorrei che oggi fosse come ieri. E che il domani fosse ancora così. Ovattato, ma vero.

Ps. Auguri di post Natale a tutti.