Intervista pubblicata su QN (il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno) il 22 giugno 2014

L’EMORRAGIA da Sel non si ferma. Dopo i ‘miglioristi’, tocca anche al deputato Zan. Fabio Mussi (nella foto Ansa), padre nobile di Sel, ex ministro dell’Università nel governo Prodi, cerca di frenare la diaspora. E invita gli ex compagni a riflettere.
Perché Migliore e gli altri hanno avuto tanta fretta?
«Non me lo spiego. La legislatura durerà fino al 2018, c’è tempo. Eppoi non capisco perché Migliore non abbia presentato una mozione al congresso per sostenere il governo o per entrare nel Pd. Io non avrei aderito, ma sarebbe stata una posizione da valutare».
Avrà inciso il 40,8% del Pd alle Europee.
«In questo caso — ma io se fossi Migliore respingerei questa tesi — sarebbe accorrere in soccorso del vincitore».
Già, ma che bisogno ha Renzi di allargare la sua maggioranza?
«Nessuno. Infatti la mossa di questa ‘scissione’ non ha senso: Migliore e compagni alla Camera e anche se entreranno nel Pd peseranno zero. E indeboliranno chi resta, cioè noi di Sel».
Magari guideranno la sinistra interna ai democratici.
«La minoranza Pd, poveretta, ha anche presentato un suo candidato alle primarie… sarebbe concorrenza sleale».
Vendola dice che comunque Sel non morirà. 
«Ha ragione. Non può esistere un partito unico, quello di Renzi, che raggruppa tutti. E noi continueremo a dialogare con le ali più critiche: da Civati agli ex M5S e ai professori della lista Tsipras».
Lei nel Pd non ci ha mai creduto. Quando nacque, nel 2007, disse: «Mi dispiace, ma mi fermo qua».
«Si sono voluti ispirare al modello anglo-americano e all’allora astro nascente Blair, togliendo la parola sinistra dal nome. Morale: il bipolarismo all’americana è diventato un tripolarismo e nel 2007 è scoppiata la crisi portando disuguaglianza e sfruttamento. Oggi non si può cadere nello stesso errore: il renzismo non è l’alfa e l’omega della sinistra transatlantica».

Rosalba Carbutti