Inchiesta pubblicata su QN (Carlino, Nazione e Giorno) il 30 giugno 2014

 

Rosalba Carbutti

LA ‘GARANZIA GIOVANI’, a dispetto del nome, di garanzie non ne dà granché. Il piano europeo che dovrebbe permettere a ragazzi neet tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in attività di formazione un’opportunità occupazionale tramite tirocini, apprendistati, stage e corsi rischia un mezzo flop. E dire che la partenza del primo maggio sembrava promettere bene. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sbandiera grandi numeri: già oltre 98mila iscritti al portale nazionale e a quelli regionali. Peccato che, a fronte di tante adesioni da parte degli under 29, la macchina organizzativa lavori con lentezza. In alcuni casi per i ritardi delle regioni.

Ma c’è di più: dal nodo dei centri per l’impiego — che dipendono dalle Province che si stanno smantellando — a quello delle imprese. Sì, perché se il ministero incensa il numero degli iscritti, la quota di aziende che, ad oggi, ha aderito al progetto non è all’altezza. Basti pensare che — a distanza di due mesi — ad ‘accogliere’ l’esercito dei quasi 100mila neet ci sono solo 2.215 aziende, per un totale di 3.352 posti di lavoro. In pratica, stando ai dati attuali, poco più di 3 giovani su 100 potranno ambire ad avere un posto. Giulia Rosolen, ricercatrice di Adapt, il centro studi fondato da Marco Biagi a Modena, sul tema ha fatto un dettagliato studio, segnalando le diverse criticità.

Primo: molte regioni non hanno messo in conto l’effettivo bacino di utenti del piano, considerando, di fatto, soltanto i residenti nella regione, mentre è prevista la mobilità. Il rischio è quello dell’impossibilità di gestire le richieste (il 37% concentrate in Campania, Sicilia e Lazio). Secondo: sono poche le regioni virtuose che hanno attivato un sistema di accreditamento. Cioè, solo Toscana, Lombardia, Veneto, Marche, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sardegna e Abruzzo hanno un effettivo raccordo tra centri per l’impiego e agenzie per il lavoro. Terzo: i fondi. Il miliardo e mezzo di euro di finanziamenti Ue per Garanzia giovani sono così ripartiti: 567 milioni da fondi comunitari diretti, 567 cofinanziati dalle Regioni e 378 dallo Stato italiano. Soldi che, al momento sono virtuali. Le Regioni, infatti, sono costrette ad anticipare le risorse per Garanzia giovani in attesa che arrivino quelle di provenienza statale (il 7% verrà anticipato) e quelle europee.
Qual è il rischio? Se una Regione non spende tutto ciò che le spetta, la quota non usata viene persa. E considerando che la situazione in Italia è a macchia di leopardo (solo 13 Regioni su 20 hanno le carte in regola per far partire il piano), l’ipotesi non è così remota. La provincia di Catania, ad esempio, dove la piaga della disoccupazione giovanile è drammatica, Garanzia giovani ha ricevuto soltanto mille adesioni. Paolo Trovato, responsabile del centro per l’impiego della città siciliana, si consola: «È una fortuna che i ragazzi iscritti al portale siano pochi, visto che i bandi non sono ancora partiti e le risorse per le imprese che dovrebbero attivare i tirocini non sono state attivate».
Punti dolenti, questi, anche nelle regioni che sono partite col vento in poppa (come Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna, ad esempio) che lamentano come la convenzione con l’Inps per rimborsare tirocini e dintorni sia ancora nel limbo. Certo, per chiudere il cerchio, e quindi fare una proposta concreta di formazione, lavoro o stage a un neet ci sono quattro mesi di tempo dalla richiesta. Ma c’è già chi si agita. Il collettivo ‘Neet bloc’, attivo su Facebook e Twitter, affila le armi con proteste nei centri per l’impiego e l’avvio di una campagna di sensibilizzazione.

Intervista a Reboani, ad di Italia Lavoro, agenzia del Ministero

“Serve un porta a porta nelle aziende”

 ROMA
«IL PUNTO debole di Garanzia giovani? Il mancato raccordo tra domanda e offerta». Paolo Reboani, presidente e ad di ‘Italia Lavoro’ struttura tecnica del ministero del Welfare che, sul piano europeo per i giovani, è in prima linea per garantire assistenza alle regioni, supportando i centri per l’impiego, e dando una spinta per predisporre i bandi che, poi, permetteranno ai ragazzi di iniziare stage e tirocini.
Qual è il bilancio a due mesi dal via di «Garanzia giovani»?
«Sono passati due mesi e già in alcune regioni, come Toscana, Lazio, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, sono iniziati i colloqui».
Già, le richieste sono oltre 98mila. Le aziende accreditate, però, latitano ancora…
«Serve un porta a porta nelle imprese. Nel frattempo sono state coinvolte Cna, Confartigianato, Confesercenti…».
Il problema sono anche i bandi e gli incentivi alle imprese.
«Noi abbiamo ben chiaro qual è l’obiettivo: in quattro mesi dobbiamo trovare un numero congruo di occasioni di lavoro o formazione. Sui bandi stiamo sollecitando le Regioni, mentre sugli incentivi alle imprese solo poche realtà territoriali si sono attivate».
Il ministero latita anche per quanto riguarda le convenzioni con l’Inps.
«Il decreto è all’esame del ministero. A luglio credo che la macchina partirà».
Le strutture accreditate per i colloqui (centri per l’impiego e agenzie per il lavoro) sono sufficienti?
«In base alle nostre simulazioni non dovrebbe esserci un sovraccarico di richieste. Anche perché molti dei giovani che si sono registrati non si stanno presentando ai colloqui. In Lazio, ad esempio, abbiamo monitorato che il 25-30% dei ragazzi convocati non si sono presentati».
Il motivo qual è?
«Probabile che molti non credano ai centri per l’impiego…».
Non a caso Renzi pensa di rivoluzionarli.
«Al momento a dare sostegno ai 556 centri per l’impiego in tutta Italia, ci sono 1.483 sportelli delle agenzie per il lavoro accreditate».
Sì ma gli sportelli accreditati non sono presenti in tutto il territorio nazionale…
«Sono presenti solo in 8 regioni: 49 in Toscana, 702 in Lombardia, 419 in Veneto, 63 in Friuli Venezia Giulia, 215 in Piemonte, 18 in Sardegna, 10 in Abruzzo, 7 nelle Marche. Anche da qui si capisce perché nel Mezzogiorno Garanzia Giovani vada più a rilento».

Le testimonianze

I colloqui di Flavia e Antonietta: “Eravamo in 40 in una stanza”

FLAVIA CARUSO, 27 anni, ha una laurea in Scienze biologiche. Antonietta Geirola, 27 anni, la licenza media. Curriculum molto diversi, ma entrambe deluse da Garanzia giovani. Flavia si è iscritta al portale e pensava di trovare un tirocinio in linea con la sua laurea. Per ora, niente di fatto. E tanto scetticismo: «Mi hanno solo fatto compilare un modulo, senza chiedermi nulla dei miei studi. Come faranno a propormi qualcosa che possa servirmi davvero?».
Antonietta è nella stessa barca. Ha esperienza come commessa, grafica, fotografa. Vorrebbe che le venisse offerto un corso di formazione utile per trovare un lavoro. «Mi pare che il caos sia tanto: a Roma i colloqui ce li hanno fatti tutti assieme, in 40, nella stessa stanza. E io sono stata chiamata da due centri per l’impiego diversi. Mi sa che accetterò un lavoro a chiamata come cameriera e rinuncerò a Garanzia giovani».

Francesco, 27 anni, licenza media: “Sembrava un seminario”

«IN GARANZIA GIOVANI ci credevo. Pensavo che, magari, con un corso o uno stage poi avrei potuto trovare un’opportunità di lavoro e smettere di lavorare in nero». Francesco Fava (nella foto Facebook), 27 anni, licenza media, è piuttosto deluso.
Non pensa che il programma europeo possa aiutarla?
«Lavoro dove capita: in cantiere, nei ristoranti, aggiusto le casse per la musica. In un mese, in genere, riesco a guadagnare circa 600/700 euro. Mi adatto, ma quei soldi mi servono perché vivo solo. Su Garanzia giovani non ho più molte aspettative».
Ma l’hanno contattata per il colloquio?
«Sì, certo. Ma più che un colloquio è stato un seminario. Ci hanno tenuto lì un’ora, ma nessuno ci ha parlato di opportunità, né ci ha ventilato la possibilità di qualcosa di concreto».