E va bene si è scoperta l’acqua calda: esistono due Pd. Uno di lotta e uno di governo. Uno di piazza e uno di Leopolda. Ok, assodato questo, che cosa è successo dopo la “sfida” a distanza tra le due “sinistre”? Niente, assolutamente, niente. La sinistra di piazza, dopo la manifestazione a Roma, ha virato ancora più a sinistra, la pseudo sinistra di governo ha sterzato più al centro-destra mettendo in discussione il diritto di sciopero (parole del finanziere Serra, poi criticate tiepidamente). Ciò che è mancato è un ponte tra le due sinistre. Perché una terra di mezzo, con Renzi leader, non esiste. Non c’è una sinistra rosè che tiene unita la (ormai ex) ditta. Ormai o stai dentro al Pdr (partito di Renzi) o stai fuori. E se stai fuori non importa che tu abbia votato Pd e, per certi versi, abbia anche idee che collimano, sebbene più solide e per certi versi ancorate al passato. Il motivo è semplice: non ci si identifica più nelle idee. Se la Cgil parla ancora di padroni, lotta e sciopero generale è perché non vuole perdere quell’identificazione. Quell’identità fatta di bandiere rosse e Bella ciao. E’ chiaro, quindi, che di fronte al Pd di Renzi per quella sinistra lì ci sia un’unica alternativa: diventare nemica del partito dominante (con una scissione) o lasciarsi inglobare una volta per tutte. Morale: al Pdr resta da affrontare un nuovo nemico. E non è detto che per il Pdr sia meglio averlo al suo interno. 

Rosalba Carbutti

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