Articolo uscito l’8 maggio 2015 su QN (Carlino, Nazione e Giorno)

UNA, NESSUNA e centomila sinistre. Se Matteo Renzi ha i suoi grattacapi, tra minoranza Pd e numeri ballerini al Senato, anche la sinistra-sinistra deve fare i conti con le sempre presenti divisioni. E prima ancora di capire se la mono-scissione di Pippo Civati porterà effetti a livello nazionale, nelle realtà locali sono in pochi a seguirlo nell’addio al Pd. Di sicuro il fermento c’è, tant’è che in ambienti di sinistra si maligna di «un continuo via vai davanti a casa di D’Alema».

Solo voci? Chissà. Civati e Sel, intanto, preparano il primo test della ‘Cosa rossa’ che verrà, tentando di creare gruppi alla Camera e al Senato, mentre l’attivismo dei vendoliani è ai massimi.
In Sel sono (quasi) disposti a tutto: «Apriamo a ex grillini, pezzi di popolo Pd come Civati e Fassina, Landini, Pisapia, Cofferati… Obiettivo: costituire una cosa nuova». Peccato che gli intenti non siano per tutti gli stessi. E la famosa Cosa rossa arranchi prima di iniziare. Sergio Cofferati (che ha mollato il Pd dopo le primarie in Liguria perse contro la renziana Raffaella Paita) non vuol sentir parlare di «nuovo partito di sinistra». «Se me lo chiedessero, risponderei di lasciar perdere…».
L’ex leader Cgil, del resto, simpatizza con l’altra Cosa rossa, quella del numero uno della Fiom, Maurizio Landini. «Ma quello – puntualizza Cofferati – non è un partito». Di certo c’è che, al di là delle parole, la coalizione sociale del leader della Fiom spaventa (e non poco) Sel, timorosa di essere mangiata dal «nuovo soggetto» sindacal-politico.
Civati, dalla sua, ci mette buona volontà per riunire le varie anime (ha incontrato Landini, Fassina e, ieri, gli ex M5S per creare i famosi gruppi autonomi) e spera nel test ligure, dove presenta il suo candidato Luca Pastorino. Ma se per l’ex deputato dem gli orizzonti sono ampi («costruiremo un partito che convinca milioni di elettori che nel Pd non si riconoscono più») c’è già chi fa le pulci al progetto. Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, considerato uno dei possibili leader della Cosa rossa, pare subito smarcarsi.
Una fonte vicina al sindaco di Sel non esclude affatto una sua discesa in campo, ma ammette che non «intende imbarcare vecchi pezzi di sinistra, né Civati, né Landini, né ex grillini». «L’idea di Pisapia – rivela un suo fedelissimo – non è riunire gente come il leader di Rifondazione comunista Paolo Ferrero o l’ex pm Antonio Ingroia. Va bene Vendola, ma l’idea è di una sinistra di nuova generazione e di governo, non la sinistra Arcobaleno». Sulla stessa lunghezza d’onda il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio di Sel: «Dobbiamo smetterla con la testimonianza, ci vuole cultura di governo».

TESI avvalorata dai numeri. Antonio Noto, sondaggista di Ipr Marketing, spiega che «un partito di sinistra potrebbe anche prendere tra il 7% e il 9%, ma deve avere un progetto chiaro, una leadership ben definita e non dev’essere settario». Insomma, l’addio di Civati o singoli non sposta nulla. Cambierebbe, invece, se una fetta importante della minoranza dem prendesse la porta. Ma, per ora, nessuno si sbilancia. Il bersaniano Alfredo D’Attorre rimanda a dopo le Regionali e guarda al congresso anticipato: «Se continuerà questo divorzio tra Pd e sinistra farò fatica a rimanere nel partito». Non ha dubbi, invece, il senatore dem Miguel Gotor: «Il Pd è la nostra casa. Non ci sarà nessun Vietnam al Senato, ma non si può far finta di nulla sull’addio di Civati». Che fare, rimanendo dentro il Pd, è la domanda. Il deputato Daniele Marantelli, area ‘giovani turchi’: «Si deve riformare il partito e lanciare misure anti-povertà». Roberto Speranza, leader di Area riformista e possibile sfidante di Renzi al congresso, lo prende alla lettera: oggi (l’8 maggio, ndr) a Cosenza presenzierà a un’iniziativa sul reddito minimo.

Rosalba Carbutti

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