La sinistra ha aperto l’ennesimo cantiere. Il nuovo partito però non ha ancora nome, né leader. Mica siamo renziani, sibilano. Mica parliamo di leadership. Salvo Stefano Fassina che ammette, sottovoce, che beh, sì, «Giuliano Pisapia non è un interlocutore, ma un protagonista». E allora? Si quaglia o no? Si fa un partito a sinistra del Pd? L’ex viceministro Pd Fassina, ieri a Milano all’incontro ‘Il lavoro senza politica. Costruire una sinistra dei lavoratori’ con l’ex segretario Cgil Sergio Cofferati e il deputato di Sel Nicola Fratoianni, cerca di concretizzare. «Con Pippo Civati, Sel, gli ex grillini costituiremo gruppi a Camera e Senato. Saremo 30/35 a Montecitorio, una ventina a Palazzo Madama». Il senatore ex M5S Francesco Campanella annuisce e parla di un «grande spazio a sinistra». Peccato che, al primo accenno di realismo, la miglior tradizione frazionista torna a galla manco fossimo tornati ai tempi di Democrazia proletaria o del Pdup. A farne le spese è il leader di Sel Nichi Vendola, da qualche giorno oggetto di polemiche per via di un vitalizio da 5.600 euro lordi che percepirà non appena compirà 57 anni. Fassina già colpisce e affonda: «Dovremmo essere coerenti, capisco la rabbia degli esodati sui vitalizi». La coerenza prima di tutto. Se poi si apre un cantiere a sinistra e già perde pezzi, pazienza. L’esempio più chiaro è quello di Pippo Civati. Ha lanciato una campagna referendaria col suo movimento Possibile, ma le 500mila firme non sono state raggiunte. «E per forza. Mi hanno lasciato solo, Sel e Fassina manco hanno firmato», ricorda l’ex deputato Pd. Ma come? Ieri Fassina non ha fatto altro che parlare di partito unitario, assieme a Pippo. Che cosa significa unitario? Fassina prova a spiegarlo: «Ciascuno di noi ha le sue specificità. I referendum di Possibile? Specificità. Noi non pensiamo a un partito a sinistra del Pd, ma a dare rappresentanza al lavoro».

Ah, già. La Coalizione sociale di Maurizio Landini. Ma Fassina scuote la testa: «Loro sono diversi. Pensano alla dimensione sociale, noi alla rappresentanza politica-istituzionale». Insomma, «si guarda alle differenze con spirito unitario». Traduce Civati: «Da una parte c’è Sel con Fassina, dall’altra c’è Possibile. Sono due percorsi paralleli. Ma diversi». Ecco, appunto diversi. E il nome? Il leader? Figurarsi. Cofferati va oltre: «Ma qual04e partito. Prima si deve discutere. Parlare di temi identitari. Valori». Ognuno con la sua specificità. Non sia mai…

Articolo pubblicato il 4 ottobre 2015

Rosalba Carbutti

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