VISTO da Matteo Renzi, il caso Ignazio Marino si risolve in una battuta: «Si è rotto il rapporto tra il sindaco e la città». Il premier,  in abito scuro da presidente del Consiglio nel salotto tv di Fabio Fazio a Che tempo che fa, non lascia grande spazio alle polemiche tra il Pd e il sindaco capitolino e guarda subito oltre, «al dopo». E zittisce chi, nei giorni scorsi, aveva ventilato una tentazione: rinunciare alle primarie. Ma, nonostante la ‘scottatura’ sul caso-Marino e la delicatezza di un voto, quello di primavera, a Roma, Milano, Bologna, Torino e Napoli, il premier tira dritto. E si prende tutto il rischio di quelle che, sempre di più, a livello di peso politico, assomigliano alle elezioni di mediotermine americane. 
«IL SINDACO della Capitale lo sceglieranno i romani», ha detto ieri il premier con un sorriso. «Se c’è una cosa sicura è che non posso essere io a scegliere il sindaco. Se siamo il partito delle primarie, i romani sceglieranno». Ma c’è una postilla che Renzi, questa volta in veste di segretario del Pd, non lascia al caso: qualora siano i cittadini a scegliere il sindaco, «dobbiamo stare attenti». Come a dire: un caso Marino non si deve ripresentare (o, ancor peggio, un caso Liguria o Venezia). Il significato dell’avvertimento, spiegano fonti del Pd, è chiaro: «Non basta indire e indicare una data per i gazebo. Questa volta è la politica che deve governare il processo di selezione». Insomma, dicono al Nazareno, l’idea è di mettere in pista «nomi forti, di primo piano, per scoraggiare eventuali outsider» o «marziani» alla Marino. Quindi si pensa a candidati politici: dalle ministre Marianna Madia a Beatrice Lorenzin, al vicepresidente della Camera Roberto Giachetti (anche se lui ha declinato l’invito). In caso di «non politico», si pensa al massimo a un tecnico di alto profilo. Ma prima del toto-nomi e, quindi, delle urne, resta aperta la questione Giubileo. Renzi, da Fazio, non si sbilancia sul commissario che dovrà traghettare la Capitale fino alle urne, ma ricorda semplicemente che «sarà deciso dal prefetto di Roma». Certo, «l’assessore alla legalità Sabella è bravo – dice – ma non decido io». Poi apre alla possibilità di nominare sub-commissari addetti a vari settori (trasporti, sport, periferie, rifiuti ecc) per risolvere i problemi della città «partendo dall’abc, come far funzionare la metro o aggiustare le buche».

GLISSA sulle tensioni nel Pd romano con Marino («prima delle discussioni tra correnti, viene Roma»), si lascia andare a una battuta su Berlusconi («non mi parla più») e torna sul caso Milano. «Ho provato a convincere Giuliano Pisapia (a un bis, ndr), non ci sono riuscito». L’altra carta resta il commissario dell’Expo, Giuseppe Sala, ma ammette: «Non so che cosa deciderà…». Insomma, se le riforme andranno avanti come auspica il premier («anche le leggi sulle unioni civili e lo Ius soli si faranno») resta un unico scoglio: l’election day di primavera 2016. Sbagliare, in quel caso, proprio non si può.

Articolo pubblicato il 12 ottobre 2015 su QN

Rosalba Carbutti

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