SU UNA cosa tutti i sindaci sono d’accordo: nel codice etico firmato negli anni scorsi non c’era alcun riferimento ai 150mila euro di multa. Si parlava sì di valori del M5S e dell’impegno a dimettersi in caso di dissenso, ma niente riferimento a ‘penali’. Sul contenuto del decalogo, invece, sindaci ed ex sindaci del Movimento si dividono.

A PARMA, dove c’è il sindaco Federico Pizzarotti, tante volte critico nei confronti dei leader e dei vertici del Movimento, si respira prudenza. «Non è detto che sia il documento definitivo», sussurrano. Come a dire, forse, che si aspettano ritocchi, viste le polemiche per il decalogo con risarcimento annesso. Il sindaco di Porto Torres, l’italo americano Sean Christian Wheeler, eletto a giugno 2015, tenta una difesa in extremis del codice nel mirino.
Pur avendo sottoscritto un impegno etico, di soldi da scucire in caso di dissenso non c’era nessun accenno nella lettera che ha firmato. «Forse il codice vale per Roma, viste le grosse implicazioni in campo. Non siamo dei fanatici – spiega Wheeler –, ma il continuo cambio di casacca di alcuni parlamentari ex M5S a me ha fatto impressione… Impegnarsi col Movimento per 150mila euro? È come quando ti sposi. T’impegni a non tradire tua moglie. Non ci sono multe di mezzo, ma non avrei problemi a sottoscrivere un patto del genere».

IGNARA, o quasi, la sindaca siciliana di Augusta, Cettina Di Pietro, eletta 8 mesi fa. «Non ho sottoscritto nulla che riguardasse una multa. Ma credo sia giusto sanzionare in qualche modo chi ‘tradisce’ i valori del Movimento». Nega, poi, di essere «commissariata» dai vertici dei 5 Stelle: «Parlo con Di Maio, ma solo per argomenti sovranazionali, come gli hot spot».
Di tutt’altro tenore il clima tra i sindaci espulsi dal Movimento. «Grillo e Casaleggio sono peggio della Gestapo che, almeno, un falso processo lo facevano. Ormai c’è la dittatura».

DOMENICO Messinese, sindaco di Gela, espulso nel dicembre scorso, non è solo critico. È arrabbiato. «Non esiste il vincolo di mandato, come prescritto dalla Costituzione. Quindi il ‘codice Roma’ è chiaramente incostituzionale». Quindi, si chiede il primo cittadino, «perché dovrebbe esistere per sindaci, consiglieri e assessori?».

MESSINESE insiste: «Va bene la legalità, ma non può esistere per convenienza. A me il meetup più volte voleva impormi i provvedimenti da prendere, ma non ho mai accettato. Mi chiesero, ad esempio, di licenziare tutti i dirigenti. Mica potevo farlo… Così rifiutai di firmare l’impegno di seguire i diktat del meetup. Ma di una cosa sono sicuro: i 150mila euro sono solo uno slogan».
D’accordo il primo cittadino di Comacchio, Marco Fabbri, espulso dal movimento senza la classica votazione online. «Sono guarito, non sono più nel Movimento – ride –. Ormai i 5 Stelle vanno solo avanti con gli spot. Io, eletto nel 2012, non ho firmato nessun codice etico. E quando sono stato espulso non mi hanno neanche mandato la raccomandata». Sulla gestione dall’alto da parte di Casaleggio e soci spiega che non c’è stata «nessuna ingerenza, ma nemmeno nessun aiuto. Basti pensare al caso di Parma. Pizzarotti ha chiesto a Di Maio di prendere provvedimenti su alcuni grillini fuoriusciti dalla maggioranza e ora all’opposizione. Risposta? Il nulla». Il caso della multa, quindi, è solo la conferma «di come i 5 Stelle sono nel caos – dice Fabbri –. Si vede da che cosa è successo sulle unioni civili e Quarto».

ED È proprio nel comune di Rosa Capuozzo che potrebbe arrivare un’altra tegola pesante per il Movimento. La sindaca di Quarto espulsa, infatti, potrebbe fare un altro clamoroso dietrofront: ritirare le dimissioni per evitare il commissariamento e governare con l’appoggio di due liste civiche di opposizione.

Rosalba Carbutti 

Articolo pubblicato su QN dell’8 febbraio 2016

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