Il premier Matteo Renzi dietro la tenda della finestra del suo studio a Palazzo Chigi (Ansa)

Il premier Matteo Renzi dietro la tenda della finestra del suo studio a Palazzo Chigi (Ansa)

Qualche sondaggista ha già iniziato a testarlo. Antonio Noto di Ipr Marketing, quantifica il Partito di Renzi (PdR) attorno al 20 per cento. «Si arriverebbe al 22-23 per cento se il nuovo partito inglobasse i centristi», dice Noto.
Ma se Nicola Piepoli sulla Stampa sostiene che un italiano su tre sarebbe disposto a votare un’ ipotetica nuova forza politica guidata dall’ormai ex premier, superando addirittura il Pd, Roberto D’Alimonte, professore della Luiss, si limita a sorridere: «Non l’ho testato e non lo farò perché non ci credo».
Benché Massimo D’Alema sia solito dire che «non esistono dalemiani perché l’unico dalemiano, peraltro critico, sono io», alcuni suoi colonnelli l’ipotesi PdR non la bocciano, anzi. «Chissà… Può darsi che Renzi se ne vada. Magari – sibilano – creando un partito tutto suo…». Solo un auspicio o un’idea concreta?
I renziani parlano di «fantapolitica» e fonti Pd assicurano che Matteo resterà segretario del partito e si ricandiderà al congresso dem. Che, chiaramente, non potrà più essere a novembre 2017, ma molto prima. Renzi auspicherebbe a marzo, così da conquistare la segreteria tre mesi prima delle elezioni politiche che potrebbero essere a giugno e giocarsi la nuova «partita della vita».
Del resto, fanno notare alcuni molto vicini all’ormai ex premier, «Matteo come potrebbe lasciare il simbolo Pd a quelli?». Quelli intesi come minoranza Pd.
Il bersaniano Davide Zoggia ride all’idea: «Non credo proprio che Renzi se ne vada portando via il pallone. L’idea del PdR poteva avere un senso se avesse vinto il referendum, trasformando i comitati del Sì in un soggetto politico… ma ora mi sembra molto più complicato. I consiglieri, a volte, in queste fasi incitano il leader dicendogli che è forte, che deve combattere… ma in questo momento serve buonsenso. E vedo che anche nella maggioranza di Renzi c’è qualcuno che ragiona».
D’altra parte, a chi converrebbe questa nuova forza politica? Secondo Noto, di fronte a un Pd unitario intorno al 30-32%, a un Movimento 5 Stelle al 28-30% e a un centrodestra unito che va oltre il 30 per cento, il PdR si troverebbe ad essere il terzo partito in gara. Morale: non converrebbe nemmeno a Renzi ‘capitalizzare’ i suoi consensi in un suo movimento, e nemmeno al Pd della ‘Ditta’ che si dovrebbe accontentare – stima Noto – di un 10-12 per cento».

Il politologo Piergiorgio Corbetta, dell’Istituto Cattaneo di Bologna, risponde al quesito Partito di Renzi sì o no, con i flussi elettorali. «Nel 40 per cento di chi ha votato Sì al referendum – ragiona Corbetta – la parte maggioritaria 75-80% è fedele alla linea del segretario; il restante 20-25% ha seguito la minoranza dem. Quindi, ipotizzando una scissione, sarebbe la sinistra ad andarsene».
Il renzianissimo sindaco di Prato, Matteo Biffoni, non ha dubbio alcuno: «Renzi ha una forte personalità, ma il Pd è il suo campo di gioco e quello di tutti noi».
Resta un unico e quasi solitario tifoso: il verdiniano Vincenzo D’Anna di Ala. «Noi abbiamo terminato il nostro ruolo. È finita. Ma una soluzione dietro l’angolo c’è: chiedere a Renzi di fondare il partito della Nazione».  Peccato che, se anche il leader Pd lo ascoltasse, inglobando Verdini e soci, il potere della sua compagine (stima Ipr Marketing) scenderebbe dal 20 per cento al 16-17. Un’avventura a dir poco spericolata.

Articolo pubblicato su QN il 9 dicembre 2016

Rosalba Carbutti
Twitter: @rosalbacarbutti

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