L’intesa tra Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo sembra cosa fatta. Il leader del Pd, in un’intervista al Messaggero, pur con la prudenza del caso, conferma che l’accordo sul sistema elettorale tedesco «è possibile perché lo ha chiesto il Quirinale». L’altro tassello a favore del «tedesco» è stato aggiunto dai 5 Stelle che, ieri, con la votazione sul blog, hanno dato il via libera all’asse trasversale. «Oggi si decide tutto», ha detto il segretario dem ai suoi. Il Pd, infatti, incontrerà tutte le forze politiche in Parlamento con incontri a livelli di capigruppo. Improbabile un incontro Renzi-Cavaliere, mentre non è del tutto remota l’ipotesi che si possa affacciare Di Maio.
Ma al di là della presenza fisica dei protagonisti del patto, si sta delineando quella che sarà la legge elettorale delle prossime Politiche. E Renzi sta già preparando la campagna elettorale. Dario Parrini, che segue il dossier sulla legge elettorale per il Pd, spiega che la parola d’ordine sarà «voto utile». «Partiremo dal 40% alle Europee e dal 40% dei Sì al referendum. Se si raggiunge quella soglia il Pd può governare da solo».
Il sistema tedesco, infatti, è «un proporzionale efficiente che traduce fedelmente i voti in seggi ed evita la frammentazione e i poteri di veto dei piccoli partiti», spiega Parrini. L’importante, però, è non travalicare alcuni paletti: «La presenza dei nomi sulla scheda accanto al simbolo del partito e lo sbarramento al 5%», ha spiegato Renzi. Ma c’è chi in ambienti dem legge il faccia a faccia annunciato tra Alfano e Renzi previsto e poi smentito da fonti Pd («non è in agenda»), come un segnale di trattative in corso per abbassare la soglia di sbarramento.

La ‘grana’ Alfano, però, non è l’unica all’interno della maggioranza. Un altro nodo è quello dell’area che fa capo ad Andrea Orlando. Già critica sui voucher («più sul metodo che sui contenuti»), rischia di andare allo scontro proprio sulla legge elettorale. Al di là delle parole rassicuranti del Guardasigilli sui voucher («non si aprirà una crisi. Espongo le mie posizioni, ma poi mi attengo alle decisioni del partito»), sul «tedesco» si rischia il muro contro muro. Il terreno sarà quello della Direzione Pd di domani, quando gli ‘orlandiani’ s’incontreranno per fare il punto su una posizione condivisa. La prodiana Sandra Zampa, vicina a Orlando, non nasconde malumori: «Io l’Italicum non lo votai, credo che farà lo stesso se dovesse passare l’accordo sul sistema tedesco. E non escludo che qualcuno della nostra area farà lo stesso. Domani, comunque, faremo un intervento in Direzione».
«Ma non ci saranno strappi», assicurano. Di certo, però, l’intervista a Dario Franceschini a Repubblica che ribalta il punto di vista («con il proporzionale rivivrà il centrosinistra») non ha aiutato a distendere gli animi. Ciò nonostante, Renzi (ieri a Malta per sostenere la vittoria dell’amico Muscat alle elezioni del 3 giugno) tira dritto.
Al Nazareno si continua a puntare sulle urne il 24 settembre, considerando di riuscire a votare la legge elettorale entro luglio, o anche prima. Matteo Salvini approva («qualunque legge, purché si voti»), e dello stesso avviso sono gli azzurri che puntano ad urne in autunno, mentre al M5S piacerebbe il 10 settembre (per evitare che i parlamentari maturino i vitalizi). Se i partiti sembrano d’accordo, resta da capire la posizione di Mattarella. L’ottimismo, anche su questo punto, è bipartisan. Da Brunetta (FI) al dem Parrini si rimarca il fatto che il tedesco sia una legge «armonica e largamente condivisa».
Il premier Gentiloni, invece? Smentito il retroscena che gli attribuiva l’ok al voto dopo l’approvazione della legge elettorale, ha preferito non esporsi. Di certo c’è che, per l’ennesima volta, un premier targato Pd è sotto assedio.

Rosalba Carbutti

ARTICOLO USCITO SU QN IL 29 MAGGIO 2017

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