«HO VISTO tanta disperazione e cerco di aiutare i familiari dei pazienti. La malattia di Alzheimer è la malattia di una coppia e di un’intera famiglia. Insieme al malato, tutti gli altri stanno soffrendo, andando a fondo» dice il professor Sorbi, psichiatra e neurologo di Careggi. «Capita spesso che di fronte alla malattia, il coniuge della persona che ne soffre provi un grande senso di colpa.Tanti mariti o mogli ci dicono che preferirebbero esser loro affetti da questa patologia piuttosto che vedere il loro consorte soffrire» sottolinea Manlio Matera, riferimento dell’Aima, l’associazione che opera a sostegno delle persone malate di Alzheimer con iniziative che hanno l’obiettivo di migliorare la qualità della vita del malato e delle famiglie.
Giancarlo, 83 anni, molto probabilmente ieri quando ha deciso che la vita non aveva più senso per la sua Nella, 88 anni, in quello stato fuori dalla realtà, dai ricordi e della vita passata insieme, le avrà dato l’ultimo bacio, le avrà stretto la mano e dato una carezza sul volto. Poi dentro di sé ha trovato la forza della disperazione con un gesto estremo, molto estremo. «Uccidere diventa una forma di eutanasia quasi naturale» dice il professor Sorbi. E così è stato, come in tanti altri drammi. Manca una rete sociosanitaria efficace di sostegno ai familiari mentre la malattia sta crescendo sempre più e necessita di attenzione sempre maggiore. La tragedia di Borgo Pinti ci lancia questo messaggio. Non lo lasciamo cadere nel vuoto.