Una passione che fortuna!

Cavalli e decadenza

Quasi 3.000 Lusitani uccisi, con dignità però, dagli allevatori portoghesi solo nel 2011 per evitare loro di morire lentamente, di stenti, di fame. Per la crisi, si legge sul settimanale portoghese l'Expresso, nessuno più compra questi cavalli, non ci sono più soldi per mantenerli. Il gatto si morde la coda.

I cavalli di questa razza, come molti sanno, sono l'amatissimo simbolo del Paese e pensate cosa può significare per un allevatore che mette passione e cuore nel proprio lavoro, dover abbattere animali sani, in parte sicuramente giovani, belli, fieri, così eleganti, per dare loro una fine degna, per quanto assurda e profondamente ingiusta. Che scene passano nella mente vedendo come accade questo, immaginando gli sguardi, di uomini e cavalli, la ribellione forse di alcuni animali che sentono cosa sta per accadere, l'arresa di chi deve decidere cosa fare edi chi non può fuggire o difendersi, l'ingiustizia e la rabbia che brucia nell'animo dell'uomo quando è costretto a fare qualcosa che mai vorrebbe.

Come dice anche l'articolo de l'Expresso, la situazione dei cavalli è anche una metafora di quella, tragica, in cui versa il Paese stesso. E non solo il Portogallo. Non va meglio né in Grecia, né in Irlanda, mentre la crisi dell'ippica e dell'equitazione anche in Italia sta toccando il profondo rosso.

Oggi la recessione in cui siamo caduti vede anche l'abbattimento della bellezza, come quella pura e leggiadra dei fieri Lusitani. Sarà preambolo di un ineluttabile 'tsunami sociale', si legge sempre sempre sul settimanale portoghese, di una decadenza che preannuncia l'arrivo di un anno forse ancora più scuro di quello appena passato, dove impotenza e disperazione faranno da regine, a fianco a rivolte e idignazione. I cavalli non hanno più mercato, il mercato stesso è sfaldato, e vengono abbandonati nelle campagne, diventano prodotto da consumare a tavola, o sono lasciati morire di fame.

Mi viene ora in mente il libro dello scrittore americano Jonathan Safran Foer. Si chiama 'Se niente importa' e parla degli allevamenti intensivi di animali e del perché questo meraviglioso scrittore è diventato vegetariano, ma l'idea di fondo è: 'se niente più importa... non c'è più nulla da salvare'. E invece c'è tanto da salvare. E salvando 'l'altro', forse, salviamo anche noi stessi dall'indifferenza, che uccide, questa volta sì senza dignità,  lentamente l'uomo.

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