La notizia del giorno, quella più letta sotto gli ombrelloni, nei bar, in riva ai fiumi e nei rari luoghi dove ancora si leggono i quotidiani, è senza dubbio l’uomo ritornato alla civiltà dopo aver vissuto quarant’anni nella giungla vietnamita. Era fuggito dai marines americani e nella più intricata, inospitale delle foreste ha fatto crescere il figlio proteggendolo dalle bombe e dal napalm. Ma ancora più notizia è che a soccorrerli (ma siamo certi volessero essere soccorsi? Davvero non ne potevano più della loro capanna? Si vive meglio in periferia a Saigon o nel cuore della giungla? E dove si è più sicuri?) sia stato un loro compaesano che indossava, udite udite, l’inconfondibile maglia nerazzurra dell’Inter con tanto di sponsor e di coccarda. Come può essere finita da quelle parti? Forse il dono a un indigeno di un tifoso depresso dopo aver vissuto l’annata Stramaccioni? Di certo un fatto inusuale e almeno tre sono le ipotesi che si possono avanzare.

La prima e più suggestiva è che l’accaduto vada interpretato come un segnale soprannaturale indirizzato a Moratti affinché rompa gli indugi e si affidi all’indonesiano Thohir, che non ha come Thor un martello con il quale far piazza pulita dei nemici, ma un portafogli altrettanto mitico (ereditato dal padre, come capita ai figli degli dei o a chi ha la buona sorte di nascere nel posto giusto al momento opportuno) utile per sistemare la società e far risorgere la squadra del triplete o qualcosa che almeno la ricordi.

La seconda è che (dopo l’uscita del sciur Ernesto Pellegrini autocandidatosi a guidare una cordata di imprenditori italiani di cui deve aver perso i numeri di cellulare o, nel frattempo, se ne sono andati in ferie e riappariranno a settembre se avranno tempo…) sia in atto una campagna a cura dell’ufficio marketing dell’Inter per alzare la posta e per dimostrare agli acquirenti indonesiani che le casacche nerazzurre vanno di moda anche nella giungla. E sono false quelle classifiche che relegano le squadre italiane agli ultimi posti per numero di maglie vendute, a differenza di quanto accade a Real, Barcellona, Manchester che rimpinguano così le loro casse (…e Dio sa quanto farebbe bene alle squadre di casa nostra lavorare sulle voci in bilancio).

La terza è che si tratti di uno degli innumerevoli stranieri ingaggiati nel corso della gestione Moratti che deve aver fatto le valigie e quatto quatto abbandonato la Pinetina. Spaiando la muta, facendo impazzire il magazziniere, l’unico che è ancora quello di sempre, lo stesso che raggiunse Domenghini a Cagliari per farsi restituire un paio di calzettoni, naturalmente, arrotolati. Se arriva Thohir c’è caso gli paghi il viaggio in Vietnam, ma se il mitico resta a casa, chi sgancia la grana? E allora addio muta.