Mi capita spesso di viaggiare sul Frecciarossa e, a volte, finisco sulle carrozze chiamate Premium, un gradino sopra quelle Standard. Nella lotteria dell’assegnazione on line dei posti, Trenitalia offre a volte allo stesso prezzo il posto ‘da privilegiato’, che non corrisponde alla prima classe (oggi chiamata Business o Executive),  ma si differenzia un po’ da quella, diciamo così, base. I sedili sono in pelle, passano a servirti un piccolo breakfast e ti offrono un quotidiano. Bene, l’altro giorno andando da Milano verso Bologna, mi è capitato di riflettere sull’evidente segnale di disamore che gli italiani provano nei confronti dei quotidiani: il carrello sfilava, l’hostess offriva i giornali in omaggio e nessuno, sottolineo nessuno,  in tutto il vagone, ha allungato il braccio per prendersene una copia. Trattandosi dell’ultima delle carrozze che beneficiavano del servizio ‘quotidiano in omaggio’, avendo notato che tra l’altro il contenitore era ancora stipato, me ne sono meravigliato con l’hostess. Allargando le braccia e con un sorriso compassionevole, mi ha risposto: <Eh, sa com’è, in Italia non si legge…>. E’ vero, mi sono detto, leggiamo meno di quanto non succeda in atri Paesi. Ma un conto è non leggere libri, ben diverso non essere incuriosito, in treno per giunta, dagli articoli dei quotidiani offerti gratis. Tra l’altro chi viaggia nel mese di agosto non lo fa solitamente per lavoro, ma perché è in vacanza. In teoria, quindi, il passeggero ha la mente più sgombra e dovrebbe essere ben disposto nei confronti di testi che spesso non superano le 60/70 righe e la cui lettura non richiede più di 5/10 minuti (a distrarsi spesso…). Invece no, proprio per nulla. I quotidiani non se li fuma più quasi nessuno. Si possono trovare mille ragioni (la free press, l’informazione on line, la televisione, la radio…), ma in realtà ce n’è una che batte tutte le altre: i nostri quotidiani (tutti, non qualcuno in particolare) non piacciono, non hanno appeal. Come può vendere un prodotto che non piace a chi lo dovrebbe, passatemi il termine, ‘consumare’? I giornali essenzialmente non parlano la lingua dei lettori. Dialogano tra loro, giornalisti ad altri giornalisti e giornalisti a politici con la mazzetta (dei giornali, intendo…). Perché un onesto cittadino dovrebbe comprare ogni giorno un quotidiano spendendo a fine mese più di 30 euro? Per leggere qualcuno che scrive parlando sempre la lingua di chi rappresenta, politico, cordata d’affari o altro che sia? Se so che il tal giornale scrive sempre a favore di questo o di quello, che interesse avrò mai ad acquistarlo? Basta guardarsi in giro e di giornalisti della carta stampata che non siano etichettabili in qualche modo, perché appartenenti a questa o a quella corrente, non ce n’è uno. Se esistono, e di certo esistono, sono chiusi nelle redazioni, emarginati e costretti a fare il loro compitino senza mai uscire allo scoperto, se non vogliono rischiare di finire in chissà quale ufficio a passare le ‘brevi dal mondo’. Questa è la vera, prima, autentica ragione che sta segnando la fine dei nostri gloriosi quotidiani. Manca la voglia di rischiare, di dare spazio a chi ha semplicemente qualcosa da dire che non corrisponde necessariamente a quello che si deve dire. Prova ne è che quando accade, quando qualcuno stecca, per errore o per scelta, fa notizia, quasi scandalo. Non vedo profilarsi all’orizzonte un’emergente voglia di cambiare. Temo che fra qualche tempo il carrello dei quotidiani sul Frecciarossa smetterà di passare.