Corro il rischio di far la parte del moralista, ma gli applausi rivolti a Balotelli dai tifosi di Verona non mi sono piaciuti. E ho ben poco apprezzato chi ha commentato con entusiasmo (a partire dal sindaco Tosi) la scelta degli ultras scaligeri di sostituire i buuuu con questa bella trovata. A costo di far la parte di quello che non l’ha mai pari, il significato resta a prescindere da come si manifesta. Anche il ‘buuuu’ in quanto tale non vuole dire nulla, ma per convenzione lo si associa a un ben preciso messaggio. Se in maniera evidente lo sostituiamo con una qualsiasi forma di espressione (compreso quindi l’applauso ironico e ingiustificato), non cambia nulla. Si può dire che gli ultras gialloblù abbiano usato il cervello e la loro curva, per questo motivo, non verrà chiusa, ma non si può far finta di credere in un loro benché minimo ravvedimento. Appena ne avranno l’occasione, il copione si ripeterà. Quindi razzisti sono e razzisti restano. Intendiamoci, la colpa non è soltanto loro. Purtroppo non sono altro che l’espressione di una società, la nostra, che ignora il significato della parola rispetto. Il mondo sportivo, un tempo isola felice,  ha cambiato pelle, forse perché appartengono a un passato oramai sbiadito le medaglie di Jesse Owens nella Berlino nazista o il pugno chiuso con guanto nero di Tommie Smith e John Carlos, atleti statunitensi rispettivamente primo e terzo nella finale maschile dei 200 metri alle olimpiadi messicane del ’68. D’altronde la sportività quando è autentica dovrebbe manifestarsi solo attraverso l’applauso ai propri beniamini, rispettando l’avversario, limitandosi a fischiarlo per quel legittimo dispetto che si prova nei confronti di chi ci vuol rovinare la festa. Invece, da tempo, tutto è ammesso. Un esempio: da bambino ricordo che il maestro di tennis oltre a insegnarmi come si tira un dritto o un rovescio, mi spiegava che non si esulta mai per l’errore di un avversario. A Wimbledon non si applaudiva mai in questi casi, ma l’imbarbarimento è avanzato fino a contagiare anche il tempio del tennis e delle buone maniere. Il razzismo negli stadi nasce anche da questa ignoranza diffusa nei confronti delle regole di comportamento. Pur di vincere si insegna a essere pronti a tutto, anche a essere offensivi, violenti, egoisti, bari se tutto questo può servire a raggiungere il fine. Come accade tutti i giorni.