AMMIRO Patrizia Steccato Vattumé che per definire cosa sia il social eating dice: «In un mondo dove la diffidenza impera,
contrappongo il mio motto: il cibo unisce i popoli». Mi piace
chi come lei ci prova, tentando non solo di essere social
twittando o cliccando a destra e a manca, ma anche facendo
qualcosa di concreto. Attraverso il web ospita a cena persone
mai incontrate prima, facendo in modo che la diffidenza
svanisca per merito dei piaceri riservati al palato. Anch’io
aspiro a essere social. Ad esempio sono ambasciatore (non so
se mi spiego…) di Blablacar. Quando lo dico alcuni
applaudono, altri mi rimproverano: «Te sei matto e se ti
capita uno con un coltello???». Nella vita insisto a dar
fiducia al prossimo. Il web è poi un buon filtro se lo si usa
con accortezza e ogni viaggio in auto con ospiti Blablacar è
stato, finora, un trionfo. Il mio problema non è questo, ma è
che sono, come si usa dire, un orso. Di socializzare non ne ho
proprio voglia perché a guardarmi in giro mi viene un po’ di
nausea e preferisco rintanarmi. Faccio male, lo so, e non
escludo che per farmi passare il malumore la miglior ricetta
sia una cena social. Anche se a fine serata grugnirò tra me e
me il consueto ‘mai più’. Social, ma pur/per sempre orso.