Puole la cultura far piovere denari nelle risicate cassa del ministero? L’universo mondo si indigna, quando trattasi dell’integrità (morale?) dei nostri musei e gallerie, accusando le soprintendenze di concedere a facoltosi privati spazi statali magnifici per organizzare eventi. In genere di livello. La riflessione, però, sorge spontanea: se i fondi destinati alla Cultura continuano a essere tagliati, se i custodi che vanno in pensione non vengono sostituiti, se aree archeologiche come Pompei seguitano a perdere pezzi, mentre al restauro del Colosseo deve pensarci il signor Tod’s, c’è solo da stupirsi dello stupore.

”E’ assolutamente infondato che si possa cenare nelle cosiddette Sale rosse degli Uffizi. Questo non è mai successo a nostra memoria, né, con le attuali leggi in vigore, mai accadrà”, precisa l’architetto Antonio Godoli, direttore del dipartimento architettura e allestimenti museografici della Galleria degli Uffizi di Firenze e direttore del Museo di Orsamichele, intervenendo sulla questione del cosiddetto ”tariffario” per le concessioni occasionali di spazi museali del Polo Fiorentino a privati. Da cosa deve difendersi? Dall’accusa di far quadrare i conti di una barca che continua a far acqua da tutte le parti?  Basti pensare ai poveri Bronzi di Riace, capolavori assoluti che tutt’ora languono invisibili a Reggio Calabria, nella sede della Regione.

E, sottolinea ancora, che è anche “grazie al canone di concessione di alcuni spazi per eventi occasionali” che ”il Polo museale fiorentino, oltre a mantenere in perfetta efficienza 24 musei tra grandi e piccoli e intervenire per la tutela di beni altrui, non solo non chiede fondi al ministero per i Beni culturali o alla città, ma destina il 20% degli incassi a grandi opere (Nuovi Uffizi) e ultimamente ha erogato un milione di euro per il Polo di Napoli”. Giustificazione generosa, quindi, ma non necessaria. E’ dai tempi di Ronchey ministro, e Paolucci suo braccio armato, che qualcuno cerca invano – come dimenticare Mario Resca,  prestato da Mc Donald’s al musei statali con l’obiettivo di far cassa – di guadagnare anziché rimetterci, “sfruttando” l’immenso patrimonio artistico del nostro Paese.

Non saranno belle le cene sotto il “David” di Michelangelo (vissute in prima persona non senza imbarazzo), o Ponte Vecchio chiuso per la Ferrari: ma per gestire in positivo i nostri musei ci vuole un mago. Anzi, qualcuno in grado di amministrarli. Forse, la prima opzione, è la più facile.

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