Il ruolo dei bambini nella prossima guerra civile egiziana
Piazza Tahrir è stato il luogo principale delle proteste contro il presidente Hosni Mubarak. Il 25 gennaio 2011 oltre 50.000 manifestanti l’ hanno occupata il primo giorno. Oggi questa piazza continua ad essere luogo prescelto per le proteste soprattutto da parte di bambini e adolescenti egiziani che si scontrano quotidianamente con le forze militari. Dietro questi bambini si nascondono dei clan familiari che puntano al potere.
Ormai l’Egitto è sull’orlo di una guerra civile vista anche l'ultima clamorosa decisione da parte dei giudici di annullare le elezioni previste per il mese di aprile.
Il Medio Oriente è da sempre un‘area dove i bambini diventano parte integrante del conflitto. I bambini sono coinvolti in combattimenti in Egitto, Iran, Iraq, Libano, Tagikistan, Yemen. I bambini al di sotto di 15 anni qui prestano servizio all’interno di gruppi islamici radicali. Gli adolescenti sono al centro al conflitto anche in Palestina e costituiscono il 70% dei partecipanti all’Intifada.
Le torture e le violenze perpetrate contro i bambini di strada in Egitto da parte della polizia fanno rabbrividire. Un collettivo di giornalisti Mosireen che opera nella downtown di Cairo, vicino a via Mohammed Mahmud, ha realizzato un documentario rintracciabile in rete.
La legge egiziana prevede, codice penale egiziano alla mano, che qualsiasi privato cittadino possa arrestare coloro che vengono colti in attività illecite o sovversive. Non molto tempo fa il ministero della Giustizia ha stabilito che dei privati cittadini potranno applicare questa legge. Il rischio però è quello della possibile costituzione di milizie paramilitari cittadine e di quartiere. Un ulteriore passo verso la guerra civile e l’anarchia, visto e considerato che l’esercito non vede di buon occhio questa legge.
Sullo sfondo gli scontri avvenuti durante il secondo anniversario della rivoluzione che hanno causato morti e feriti dal Cairo a Port Said. Al centro ancora una volta il potere dilagante e discutibile dei Fratelli Musulmani e del loro presidente Morsi. Inoltre hanno fatto l’apparizione in quell’occasione anche dei black bloc versione egiziana, giovani in nero con il volto coperto.
Altri adolescenti egiziani però credono ancora nei sentimenti quelli buoni, quelli che superano qualsiasi forma di odio, quelli per cui vale ancora la pena manifestare pacificamente per un Egitto migliore. A loro piacerebbe sentirsi vivi, sapendo che le loro storie nel momento in cui si sono intrecciate nella piazza simbolo della rivolta, abbiamo innescato un cambiamento radicale per il futuro del loro Paese ancora troppo incerto.