In Turchia a rischio non solo gli alberi
La battaglia degli alberi non è solo un poema contenuto nel Libro di Taliesin, dove il leggendario mago Gwydion anima gli alberi di una foresta per combattere e sconfiggere Bran il Benedetto. La battaglia degli alberi è di più. E’ il nome dato alla rivolta dei 1000 manifestanti a Istanbul contro la cementificazione che spazzerebbe via il noto parco di Taksim.
600 alberi da abbattere con delle ruspe per eliminare il polmone verde della città turca. Finora 1700 persone arrestate molte delle quali poi rilasciate, più di 1000 i feriti. Vetrine e auto danneggiate per un ammontare dei danni che supera gli 8 milioni di euro. Erdogan accusa Twitter mentre la Turchia laica scende in piazza contro il premier.
Gli alberi sono il simbolo della laicità di uno Stato, quello turco sempre più islamista, le cui alleanze volute dal premier Erdogan preoccupano la popolazione civile e non solo. Il vento della primavera araba sembra interessare anche lo "Stato di Mezzo" tra Europa e Asia, dove la svolta islamista sancita già con il referendum del 2010 non è piaciuta a molti antagonisti. In quell’occasione la vittoria del SI sancì maggior potere per il leader Erdogan e la sua ala sostenitrice.
I membri della Corte Costituzionale e del Consiglio supremo dei giudici e dei procuratori (Hsyk), venne elevato, con grandi vantaggi ovviamente per la coalizione al potere visto che la nomina di alcuni di questi giudici sarebbe stata proprio prerogativa del presidente della Repubblica facente parte dell' AKP di Erdogan, e del Parlamento controllato da sempre dal primo ministro turco. Inoltre l’abolizione della legge che vietava alle donne di indossare il velo islamico nelle scuole, una norma che tutelava la laicità dello stato e il diritto delle donne. In Turchia in questo momento non sono in pericolo solo gli alberi ma tutti i laici preoccupati dell’ombra del califfato islamico.